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Consiglio di Stato: regolarità concorso pubblico e assistenza disabile

Il Consiglio di Stato ha espresso parere su due questioni di estrema importantanza. La prima riguarda il trasferimento dei dipendenti che sono coinvolti, loro malgrado, ad assistere familiari disabili, mentre la seconda coinvolge la regolarità dei concorsi pubblici.

Il Consiglio di Stato ha deciso che l’esposizione della prova scritta utilizzando la forma definita come stampatello non è passibile di esclusione dai concorsi pubblici perché non è un elemento fondamentale per la loro riconoscibilità.

La decisione è del 16 febbraio 2010. Secondo il suo parere, l’uso della scrittura a stampatello ha solo la finalità di rendere più comprensibile un elaborato e non ha carattere distintivo. Non solo, il Consiglio di Stato ha anche espresso il parere sulla numerazione delle pagine sempre in sede di concorso pubblico; infatti, anche in questo caso la numerazione è solo intesa ad agevolare il lavoro dei commissari d’esame perché si assume questo comportamento di natura esclusivamente di tipo ordinatoria.

Infatti, la V sezione del Consiglio di Stato si è espresso in questo modo a seguito di un ricorso di un comune della regione Piemonte che aveva impugnato la sentenza del TAR.

Altra importante decisione si rivolge alle persone che devono accudire familiari disabili.

A questo proposito l’articolo 33 della legge 104/92 prevede che il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

La norma è stata ribadita dall’articolo 20 della legge 53/2000 dove si afferma che le disposizioni dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall’articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente.

Il Consiglio di Stato ha espresso sua decisione in merito all’avvicinamento della sede di lavoro nei confronti di un lavoratore che  presta assistenza ad un parente o affine fino al terzo grado, anche non convivente. Il parere del Consiglio di Stato ha ribadito l’applicazione anche in questo caso, secondo quanto affermato nella decisione n. 825 del 15 febbraio.

Nel caso di specie il Consiglio Superiore della Magistratura ricorreva al Consiglio di Stato per annullare la decisione del TAR che accordava ad un magistrato il trasferimento di sede al fine di permettergli di accudire adeguatamente un familiare.

Il Consiglio di Stato si è espresso ribadendo l’esclusività dell’assistenza oltre che della sua continuità.

Esistono due indirizzi in giurisprudenza utilizzati per applicare la norma dei trasferimenti in caso di familiari disabili.

Nel primo caso il trasferimento può avvenire se nel comune di residenza del disabile non ci sia nessun familiare in grado di accudirlo o, nella seconda ipotesi, può essere ritenuto ammissibile il trasferimento anche qualora siano presenti familiari ma nessuno si dichiari disponibile alla sua assistenza.

Il Consiglio di Stato si è espresso per il primo caso ribadendo la necessità da parte del richiedente di dimostrare, con riferimenti oggettivi, l’inesistenza di altri familiari disponibili a prestare l’assistenza o che siano impossibilitati.

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