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Contratti di lavoro più cari dopo la riforma

 I contratti di lavoro post-riforma saranno più cari. Per verificarlo, è sufficiente guardare le innovazioni normative predisposte dall’esecutivo Monti, e comprendere in che modo vari l’incidenza sul costo del lavoro. Incrementi delle contribuzioni ed estensioni onerose, rischiano di rendere sempre meno conveniente l’assunzione di un giovane, nonostante le intenzioni dei membri del governo.

Contratto a termine

Iniziamo con il contratto a termine. In questo caso, la brutta sorpresa è la presenza di un contributo aggiuntivo dell’1,4 per cento a carico dei datori di lavoro, destinato a finanziare l’Aspi. Il contributo sarà restituito agli stessi datori di lavoro in caso di stabilizzazione del rapporto (cioè, assunzione a tempo indeterminato), ma non integralmente: viene infatti stabilito un limite di sei mesi, con esclusione del periodo di prova.

Contratto di apprendistato

Sull’apprendistato è esteso il contributo ordinario dell’1,31 per cento a carico dei datori di lavoro: un contributo che servirà a finanziare i nuovi ammortizzatori sociali. È inoltre dovuta anche per l’apprenidstato la tassa di licenziamento per la risoluzione del rapporto di lavoro al termine dell’apprendistato. L’importo sarà variabile tra i 559,50 euro e i 1.678,50 euro per lavoratore.

Lavoro a progetto

Anche il lavoro a progetto deve fare i conti con i rincari del costo del lavoro. Viene aumentata la contribuzione dell’1 per cento annuo dal 1 gennaio 2013, fino al raggiungimento dell’aliquota del 33,72 per cento a gennaio 2018 (al 24% per chi è già assicurato o pensionato). Viene inoltre facilitata l’una tantum con importo di 746,50 euro mensili (1.045,10 euro nel triennio 2013 – 2015).

Lavoro accessorio

Il “voucher” subisce una revisione dell’aliquota contributiva dovuta alla gestione separata (oggi pari al 13% del valore voucher). La revisione sarà affidata al decreto ministeriale, in funzione degli aumenti delle aliquote della gestione separata (fino ad arrivare al 33,72% nel 2018).

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