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Corsi di formazione: importante sentenza della Cassazione

 Per un lavoratore la frequenza di corsi di formazione al fine di migliorare la propria qualifica professionale è fondamentale, e per questo, se non per giustificato motivo, il datore di lavoro non può opporsi. A stabilirlo è stata la sentenza numero 19682/2009 della Corte di Cassazione, la quale ha dato ragione ad una lavoratrice di una casa di riposo che, per ben tre anni, ha chiesto, senza ottenerla, l’autorizzazione a frequentare un corso regionale che le avrebbe permesso di conseguire la qualifica di assistente socio-assistenziale. Secondo la Cassazione, la mancata partecipazione al corso della lavoratrice le ha arrecato un danno, e per questo va risarcito; nello specifico, secondo quanto recita la sentenza della Corte, ed in accordo con quanto riporta tra l’altro il Portale del Lavoro della Regione Lazio, il diniego della casa di riposo non ha permesso alla lavoratrice di migliorare la propria posizione lavorativa con la conseguente possibilità di poter guadagnare di più.

Per la lavoratrice, quindi, scatta il risarcimento del danno dato proprio da questa perdita di opportunità nel poter crescere professionalmente attraverso la partecipazione ad un corso di formazione, della durata di 150 ore, per poter acquisire la qualifica di assistente socio-assistenziale. Per tutta risposta, la casa di riposo ha impugnato la sentenza rivolgendosi proprio alla suprema Corte, ma il tentativo è stato vano; il ricorso, infatti, è stato respinto dopo che, tra l’altro, è emerso che la lavoratrice dal 2000 e fino al 2002 aveva ripetutamente chiesto, per ben sei volte, il permesso per poter partecipare al corso di formazione con l’invio di altrettante raccomandate.

Il corso che ha portato al contenzioso è quello regionale per personale Asa, Ausiliario Socio Assistenziale, al fine di svolgere una mansione che, tra l’altro, la lavoratrice già esercitava presso la casa di riposo. La Corte, infatti, nella sentenza recita come, in corrispondenza delle richieste inoltrate a mezzo raccomandata, la lavoratrice avesse “il pieno diritto al riconoscimento delle 150 ore”.

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