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Donne in maternità: lavoro e vita familiare, un binomio difficile

 Nel nostro Paese la vita non è facile per le donne che vogliono conciliare il lavoro con la famiglia, e spesso quando c’è di mezzo la nascita di un figlio le cose si complicano ancora di più. E’ emblematico il caso di Stefania Boleso, ex lavoratrice alla Red Bull in qualità di responsabile marketing; fatale è stata proprio la maternità, una delle cause principali per cui nel nostro Paese le donne lasciano o sono costrette a lasciare il posto di lavoro. Dopo dieci anni alla Red Bull, ed a seguito del taglio della sua posizione in azienda, per ottimizzare i costi, nel settembre scorso alla lavoratrice è stato tolto un ruolo che ricopriva da anni; Stefania Boleso è stata così relegata ad incarichi inferiori, lontana, anche a livello logistico, da quelle dinamiche lavorative che hanno contribuito a rendere la Red Bull la società che è diventata. E così questa storia, riportata dal Corriere della Sera, è finita con la lavoratrice che, al rientro dalla maternità, ha dovuto gettare la spugna anche a causa di insoddisfazione che ha causato, tra l’altro, una sensibile perdita di peso.

Ma quello raccontato non sembra essere un caso isolato: la Manageritalia, interpellata sempre dal “Corriere della Sera“, denuncia infatti come non manchino le aziende che sfruttano la crisi, ma in generale l’occasione per tagliare i costi, costringendo alle dimissioni donne che, letteralmente “obbligate a guadagnare“, sono invece in maternità. Nel complesso, quindi, i pregiudizi e le discriminazioni sono dure a morire, ma probabilmente la legislazione e le tutele sono carenti nei confronti delle mamme che devono far nascere ed accudire il proprio neonato.

Lo dimostrano oramai i Bandi e le iniziative a carattere locale e regionale che puntano proprio a colmare queste differenze di trattamento che sono al limite della legalità. Ad esempio, nel Lazio è stato messo a punto nei giorni scorsi un Bando per la “Flexicurity di genere” al fine di garantire una migliore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Ma serve anche un cambiamento culturale e, perché no, anche sanzioni aspre ed esemplari a carico di chi esercita, in nome del profitto, pressioni nei confronti di donne in maternità.

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