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Regione Sardegna: Piano straordinario del lavoro

 200 milioni di euro a valere sul quadriennio dal 2011 all’anno 2014, dei quali ben 65 milioni di euro per l’anno in corso. E’ questa la dotazione finanziaria del Piano straordinario del lavoro varato dalla Giunta della Regione Sardegna dopo una lunga fase di concertazione con le organizzazioni datoriali, con i sindacati, e con le autonomie locali. Il Piano straordinario del lavoro nella Regione Sardegna consta complessivamente di undici azioni per l’occupazione, e sarà promosso e comunicato alla cittadinanza con specifici interventi da parte dell’Amministrazione regionale; questo in modo tale che le imprese, i lavoratori, le donne ed i giovani possano conoscerlo nei dettagli. Il Piano, nello specifico, punta ad incrementare sul territorio l’occupazione femminile e giovanile, a rendere le aziende sarde più competitive, ma anche a ridare vitalità all’economia locale in quei piccoli Comuni della Regione Sardegna che, anche e spesso soprattutto a causa della crisi, risultano essere a rischio di spopolamento.

Tra le 11 azioni del Piano straordinario del lavoro della Regione Sardegna c’è anche quella per cui si punta ad innalzare la qualità della formazione dei lavoratori in modo da favorire il loro reinserimento nel circuito occupazionale grazie proprio alle maggiori competenze. Il Piano straordinario del lavoro dell’Amministrazione regionale arriva tra l’altro in una fase caratterizzata da uno stop all’emorragia di posti di lavoro, così come la disoccupazione giovanile sul territorio, in base ai dati Istat, è scesa nel 2010 di ben sei punti percentuali dopo i valori record dell’anno 2009.

Secondo quanto dichiarato dall’Assessore Manca, il Piano straordinario del lavoro, visionabile in pdf dal sito Internet della Regione Sardegna, punta proprio a consolidare l’inversione di tendenza ed a migliorare ulteriormente i dati attraverso incentivi per le assunzioni, risorse per l‘imprenditoria femminile, ma anche misure per favorire l’occupazione giovanile a partire da aree potenzialmente più svantaggiate come quelle dei piccoli Comuni sardi.

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