Nuovo interpello sulle dimissioni della lavoratrice madre

 La Federalberghi ha sollevato, di fronte al Ministero del Lavoro, un quesito in merito alla corretta interpretazione della disposizione normativa ex art. 55, D.L.vo n. 151/2001, concernente la disciplina delle dimissioni volontarie presentate dalla lavoratrice madre nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento.

Infatti, la Federalberghi intende sapere se, in virtù nella nuova norma introdotta dalla riforma del lavoro attraverso la legge n. 92/2012, sulla convalida delle dimissioni per un periodo pari ai primi tre anni di età del bambino, la lavoratrice madre possa fruire dell’indennità di disoccupazione per il medesimo arco temporale.

Indennità disoccupazione Inps in caso di dimissioni

 Il lavoratore ha diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria, agricola e non agricola e, dal 2013, all’Assicurazione sociale per l’impiego ASPI o Mini-Aspi in caso di dimissioni per giusta causa. Per i lavoratori che perdono il lavoro l’ordinamento previdenziale prevede un trattamento economico sostitutivo della retribuzione, erogato dall’Inps.

Dimissioni con la nuova riforma del lavoro

 Anche se pochi si sono soffermati sull’argomento, è bene chiarire che la nuova disciplina della riforma del lavoro impatta significativamente non solamente sui licenziamenti, quanto anche sulle dimissioni. Per poter proporre le proprie dimissioni occorrerà infatti ora seguire una nuova procedura molto più complessa rispetto al passato. Ad ogni modo, non tutto il male vien per nuocere: il nuovo iter, sebben più faticoso, sembra apportare alcuni gradevoli vantaggi per il lavoratore.

Riforma del lavoro 2012, novità sulle dimissioni del lavoratore

 Dal prossimo 18 luglio entra in vigore la norma sulle dimissioni presentate dal lavoratore dipendente e, in base alle norme introdotte, si prevede di sospendere la loro efficacia sino alla loro convalida. In questo modo sarà introdotto un periodo transitorio dove sarà possibile il ripensamento del lavoratore, questo periodo sarà compreso tra la cessazione formale del rapporto e la convalida.

Lettera di dimissioni esempio

 Come abbiamo avuto modo di affrontare nel corso degli ultimi giorni, le dimissioni sono un diritto del lavoratore che desideri porre fine al proprio rapporto di lavoro con l’azienda datore di lavoro, per cambiare professione, società o, più semplicemente, scegliere di entrare in uno stato di non-occupazione. Ad ogni modo, oltre che un diritto e una facoltà del lavoratore, le dimissioni sono soggette altresì a degli obblighi particolari, che il lavoratore dimissionario farebbe bene a tenere in grande considerazione al fine di non incappare in potenziali inadempienze contrattuali.

Innanzitutto, per manifestare in maniera univoca la propria volontà di porre fine al rapporto di lavoro, lo strumento fondamentale è rappresentato dalla lettera di dimissioni, un testo redatto in forma scritta – su testo libero e personalizzabile – dal quale si evinca la libera scelta e volontà di dimettersi dal proprio incarico aziendale.

Lettera di dimissioni modello senza preavviso

 Nell’ipotesi in cui un lavoratore desideri cambiare occupazione o desideri cessare la propria professione da lavoratore subordinato, è necessario che rassegni le proprie dimissioni, interrompendo in tal modo il proprio rapporto lavorativo. La comunicazione delle dimissioni deve essere effettuata nei modi e nei termini previsti dal proprio Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, il quale generalmente stabilisce che la decorrenza delle dimissioni debba partire dal primo o dal sedicesimo giorno di ogni mese.

Di norma, il preavviso viene definito nello stesso contratto in un tempo che possa essere considerato congruo per consentire al datore di lavoro di potersi organizzare trovando un sostituto, e di svolgere in modo adeguato e agevole l’eventuale passaggio delle consegne. Un tempo che dipenderà da CCNL a CCNL e, spesso, da azienda ad azienda.

Licenziamenti, le proposte del senatore Ichino

 Da una parte c’è la preoccupazione del ministro del lavoro Maurizio Sacconi su un risveglio del conflitto sociale come elemento catalizzatore di una nuova ondata di terrorismo, mentre dall’altra il senatore PD Pietro Ichino ha ribadito che questa minaccia non deve essere usata per impedire o limitare il dibattito sulle politiche del lavoro.

In particolare, lo stesso sen. Ichino è il protagonista di un disegno di legge, il n. 1873, sin dal novembre 2009, che di occupa proprio di risoluzioni dei rapporti di  lavoro attraverso un codice semplificato del lavoro con 70 articoli con l’obiettivo, tra l’altro, di superare l’attuale disparità tra i dipendenti.

Il lavoratore straniero e la cittadinanza italiana

 La cittadinanza è un passo fondamentale che permette di integrare lo straniero nella società e nell’ordinamento civile e sociale del nostro Paese. Il sistema di acquisizione della cittadinanza è un meccanismi complesso e dipende da ciascuno stato; in effetti, ricordiamo che, per il nostro ordinamento, è cittadino italiano il figlio di padre italiano o di madre italiana, anche se è nato all’estero, in base al criterio del diritto di sangue.

Chi nasce ed è residente all’estero e possiede la cittadinanza straniera del paese di origine, deve chiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana per diritto di sangue, presentando una richiesta documentata, secondo il luogo di residenza, presso il Comune o il consolato italiano all’estero.

Risolviamo il contratto di lavoro, quando il lavoratore si dimette

Un rapporto di lavoro può terminare in diversi modi sia per volontà del datore di lavoro o sia per mezzo di una decisione unilaterale del lavoratore; in effetti, secondo la vigente normativa, il lavoratore può decidere, in qualsiasi momento, di abbandonare il suo posto di lavoro e nulla può fare il suo datore: non esiste da parte sua la possibilità di rifiutare la decisione del suo subordinato.

Per avere efficacia il licenziamento deve essere espresso in forma scritta, mentre le dimissioni possono essere presentate in forma libera, salvo diversa previsione contrattuale.

Scuola, le date per la cessazione dal servizio

È stata emanata la circolare n. 100 prot. 11273 del 29 dicembre 2010 che pone alcuni criteri in merito alle domande di cessazione dal servizio e le revoche delle stesse.

In effetti, la circolare stabilisce che queste domande devono essere presentate – per il personale docente, educativo ed ATA – con l’utilizzo della procedura web POLIS istanze on line, nel sito internet del Ministero dell’Istruzione.

Il personale interessato deve registrarsi per ottenere le credenziali di accesso alle istanze on line del Ministero.

La circolare ricorda che per l’anno 2011, secondo quanto disposto dall’articolo 1 della legge n. 243/2004 come novellato dalla legge n. 247/2007, per il personale della scuola i requisiti necessari per l’accesso al trattamento di pensione di anzianità sono 60 anni di età e 36 di contribuzione o 61 anni di età e 35 di contribuzione, maturati entro il 31 dicembre.

Indennità di disoccupazione, alcuni casi particolari

L’indennità di disoccupazione è concessa ai lavoratori che perdono il proprio posto di lavoro in modo indipendente dalla propria volontà.

Il Legislatore è, però, intervenuto anche per regolare casi particolari che, seppur presentano dimissioni di tipo volontarie, presentano dei vizi.

Così, in caso lavoratrici madri che si dimettono durante il periodo in cui esiste il divieto di licenziamento o di padri lavoratori che si dimettono durante la durata del congedo di paternità e fino al compimento del 1° anno di età del bambino, le dimissioni non precludono il diritto all’indennità di disoccupazione.

Per quanto concerne i lavoratori che si dimettono per giusta causa, l’Inps ha già, a suo tempo, ribadito il suo orientamento indicato nella sentenza 269/2002 della Corte Costituzionale, che prevede il pagamento dell’indennità ordinaria di disoccupazione anche quando vi siano state dimissioni di questo tipo così come indicate dalla giurisprudenza.

Le dimissioni per giusta causa e indennità di disoccupazione

L’Inps, il maggiore istituto previdenziale italiano, con la circolare n. 97 del 2003 ha deciso di accogliere l’orientamento indicato nella sentenza n. 269/2002 della Corte Costituzionale nella quale si prevedeva il pagamento dell’indennità ordinaria di disoccupazione anche nel caso di dimissioni per giusta causa.

Infatti, la Corte Costituzionale ha stabilito che le dimissioni riconducibili a giusta causa comportano, al pari del licenziamento, uno stato di disoccupazione involontaria.

L’Inps, attraverso la sua circolare, ha cercato di dare delle indicazioni più precise ritenendo che, sulla base di quanto finora indicato dalla giurisprudenza, di considerare per giusta causa le dimissioni determinate dal mancato pagamento della retribuzione o a seguito di molestie sessuali nei luoghi di lavoro.