Lettera di motivazione

 Negli ultimi giorni abbiamo avuto modo di parlare diffusamente della lettera di presentazione, la comunicazione con la quale il candidato può proporre il proprio interesse a ricoprire uno specifico ruolo, introducendo il curriculum vitae al datore di lavoro. Cerchiamo oggi di comprendere invece in che modo realizzare una lettera di motivazione, un vero e proprio biglietto da visita in grado di attribuire significativo valore aggiunto al proprio cv.

Con la lettera di motivazione – ancor più della lettera di presentazione – il candidato cerca di entrare in contatto con l’azienda, ottenendo un colloquio conoscitivo. Per far ciò, cerca altresì di far comprendere al datore di lavoro quali sono le proprie caratteristiche personali, formative e professionali, i propri punti di forza, le peculiarità e gli obiettivi (di natura professionale, ma non solo) che si intende raggiungere.

Lettera di presentazione

 Quando si invia il proprio curriculum vitae al potenziale datore di lavoro, è bene che lo stesso sia accompagnato da una breve lettera di presentazione, che possa presentare efficacemente il proprio profilo e le proprie motivazioni (la lettera di presentazione è la prima cosa che il valutatore analizza, ancor prima del curriculum vitae) e che possa stimolare l’interesse di colui che la sta leggendo, e capire poiché ci si sta proponendo a ricoprire uno specifico ruolo.

La lettera di presentazione, a nostro giudizio, deve essere soprattutto una lettera di “motivazione”. Di qui l’esigenza di predisporne una in maniera puntuale per ogni singola azienda alla quale candidiamo il nostro profilo, evitando di ricorrere a formule troppo generiche che non riuscirebbero a comunicare al valutatore il nostro reale interesse a far parte del progetto lavorativo.

Flessibilità lavoro, sempre più richiesta dalle aziende

 Secondo quanto emerge da una recentissima indagine compiuta tra i vertici di alcune imprese italiane, il mercato del lavoro funzionerebbe in maniera molto più efficiente se vi fosse maggiore flessibilità. L’occupazione nelle organizzazioni imprenditoriali, soprattutto di piccole dimensioni, aumenterebbe in maniera sensibile, e l’intero comparto occupazionale italiano ne trarrebbe beneficio.

La posizione di cui sopra non è la nostra, ma è quanto emerge dalla presa di posizione assunta da un’indagine condotta dall’associazione dei direttori del personale Gidp tra quasi 170 iscritti, dalla quale emerge che in caso di abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (la norma che tutela il lavoratore in caso di ingiustificato licenziamento, disponendone il suo reintegro in azienda), il mercato del lavoro ne trarrebbe giovamento.

Aziende italiane: tasse troppo alte

Le aziende italiane pagano molte tasse, forse troppe se rapportate ad esempio ad altri paesi come la Spagna; nello studio “Imposizione societaria – regimi fiscali a confronto” viene specificato:

L’imposizione fiscale complessiva in rapporto al reddito imponibile (effective tax rate) è decisamente superiore in Italia (58%) rispetto alla Germania (43%), al Regno Unito (40%) e alla Spagna (29%). Di poco diversa la situazione della Francia, dove il carico fiscale complessivo (60%) risulta lievemente superiore a quello italiano, per effetto dell’indeducibilità del compenso corrisposto ad amministratori esterni all’impresa