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Il bilancio in materia di lavoro, nel 2012 persi 600mila posti

 È tempo di fine anno e, come tradizione, si cerca di fare il punto della situazione in materia di posti di lavoro visto che, al momento, non pensiamo ancora di uscire dalla nostra fase recessiva.

Infatti, a questo proposito, l’Ufficio studi della CGIA di Mestre ha elaborato una stima denunciando un aumento, nel corso del 2012, della disoccupazione di quasi 610mila disoccupati. Non solo, lo stesso Ufficio studi ha anche avanzato l’ipotesi che nel corso del 2013 si stima una ulteriore crescita di 246mila unità, in questo modo per l’anno in corso lo stock dei senza lavoro si attesta attorno ad un dato medio annuo pari a 2.717.500 (che equivale ad un tasso di disoccupazione del 10,6%), l’anno venturo sfiorerà quota 3 milioni (precisamente 2.964.100, con un tasso dell’11,5%).

Da parte sua il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi osserva che

Una situazione allarmante che sta diventando una vera e propria piaga sociale. Purtroppo le condizioni generali della nostra economia sono pessime e questo si riflette negativamente sulla tenuta occupazionale anche delle piccole imprese. Giovani, donne e stranieri sono le categorie più a rischio, senza contare che tra questi ex lavoratori sta aumentando drammaticamente il numero dei disoccupati di lungo periodo

Per la CGIA il quadro generale non è per nulla confortante visto che dall’inizio di quest’anno la contrazione dei prestiti bancari erogati alle imprese è stata di 26,7 miliardi di euro (pari al -2,7%), mentre le sofferenze in capo al sistema imprenditoriale sono aumentate di 8,7 miliardi di euro (pari al +10,9%). Se consideriamo che la produzione industriale è scesa del 6,5% e gli ordinativi del 10,4%, appare evidente come la situazione in capo alle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, sia peggiorata drammaticamente.

Non solo, le previsioni del 2013 non sono molto incoraggianti visto che, anche se la crisi subirà un rallentamento, il Pil sarà pari al -0,5% circa, i consumi privati  -0,9%, quelli pubblici -0,3%, mentre gli investimenti chiuderanno con un -2,1%.

Per Bortolussi

Con queste previsioni non c’è da meravigliarsi se le aziende non ce la fanno più a trattenere le proprie maestranze. Anche le piccole imprese, che in passato erano riuscite ad assorbire i lavoratori espulsi dalle ristrutturazioni che avevano interessato le grandi imprese, ora sono allo stremo e dopo 5 anni di crisi la loro tenuta è ormai ridotta al lumicino.  Servono delle misure anticicliche in grado di far ripartire l’economia: l’Italia, verosimilmente, rispetterà gli impegni presi in sede europea ma rischia di diventare un Paese sempre più povero

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