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Confermata la diminuzione del numero totale di posizioni lavorative in Italia

I dati diffusi dall’ISTAT il 29 agosto 2025, relativi al secondo trimestre dell’anno, mostrano un quadro economico e lavorativo complesso per l’Italia. Se da un lato le ore lavorate a livello complessivo sono aumentate dello 0,2%, un segnale di un certo dinamismo produttivo, dall’altro si è registrata una diminuzione del numero totale di posizioni lavorative.

posizioni lavorative

Le tendenze sulle posizioni lavorative in diminuzione in Italia

Questa dinamica, che conferma le stime preliminari, evidenzia una crescente pressione sui lavoratori già occupati e una frenata nella creazione di nuovi posti. Il fenomeno si manifesta in un contesto di contrazione congiunturale del Prodotto Interno Lordo (PIL), che nel medesimo trimestre ha segnato un calo dello 0,1%. Le imprese, per far fronte a un ambiente economico difficile, sembrano aver optato per un’intensificazione dello sforzo produttivo attraverso l’aumento delle ore di lavoro, piuttosto che investire in nuove assunzioni.

Questo può tradursi in un maggior ricorso a ore di straordinario, un utilizzo più flessibile di contratti a termine o una ridistribuzione del carico lavorativo a seguito di riduzioni di personale. La ricerca di produttività, in questo scenario, si concentra sull’aumento dell’impegno individuale, senza generare nuove opportunità occupazionali. Le implicazioni di questa tendenza sono molteplici e preoccupanti per il mercato del lavoro e il benessere sociale.

La riduzione delle posizioni stabili favorisce il ricorso a contratti più precari, aumentando l’incertezza per i lavoratori. Allo stesso tempo, un maggiore carico di lavoro su meno persone può aumentare il rischio di stress e sovraccarico, con un impatto particolarmente negativo su categorie già vulnerabili come i giovani e le donne, spesso più esposti alla discontinuità lavorativa.

Secondo il report, se tale dinamica dovesse consolidarsi, il mercato del lavoro italiano potrebbe entrare in una fase di crescita non quantitativa ma esclusivamente intensiva, riducendo significativamente le opportunità per chi è in cerca di occupazione. Questo quadro si inserisce in una situazione economica generale di debolezza, confermata dai dati settoriali: l’agricoltura, silvicoltura e pesca registrano un calo produttivo dello 0,6%, l’industria una contrazione dello 0,3% e il settore dei servizi una sostanziale stabilità, senza una crescita significativa. L’Italia si trova, dunque, in un equilibrio fragile.

Le imprese si sforzano di mantenere la loro posizione competitiva aumentando l’impegno del personale esistente, ma senza offrire nuove prospettive. Per invertire questa rotta, il testo suggerisce la necessità di politiche che non si limitino a stimolare la domanda interna e la competitività dell’export, ma che si concentrino in modo deciso sulla creazione di posti di lavoro stabili. Questo, in ultima analisi, è considerato un prerequisito fondamentale per trasformare la crescita economica in un benessere diffuso e duraturo per l’intera popolazione.

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