Le sanzioni disciplinari devono essere ragionevoli, lo precisa la Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ritorna sul tema della gradualità della sanzione in conseguenza di un provvedimento disciplinare e lo fa con la sentenza dello scorso 3 febbraio 2012 n. 1632. Per prima cosa la corte rileva che esserci ragionevolezza nella sanzione che deve essere attribuita al proprio dipendente; in particolare, non deve ravvisarsi violazione dei principi e delle norme in materia di gradualità e proporzionalità, buona fede, correttezza, non discriminazione e ragionevolezza nell’applicazione delle sanzioni disciplinari, nonché dell’art. 25, comma 1, lett. e) e g) del CCNL 6.7.1995 per il comparto regioni e autonomie locali.

Cassazione, gradualità per i provvedimenti disciplinari

La Corte di Cassazione è tornata a ribadire la sua posizione a riguardo dei provvedimenti disciplinari che ciascun datore di lavoro può decidere per le proprie maestranze. In effetti, nello specifico la Corte di Cassazione ha riaffermato il principio che occorre introdurre il principio di gradualità anche per le sanzioni che possono implicare un licenziamento per giusta causa. La Suprema Corte, attraverso la sentenza n. 22129 dello scorso 25 ottobre 2011, ha assunto una decisione che non mancherà, di certo, provocare importanti implicazioni sul versante delle interpretazioni delle norme del diritto del lavoro.

Per la Cassazione

giusta causa di licenziamento e proporzionalità della sanzione disciplinare sono nozioni che la legge, allo scopo di adeguare le norme alla realtà disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura con disposizioni, ascrivibili alla tipologia delle cosiddette clausole generali, di limitato contenuto e delineanti un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama

Cassazione, il licenziamento per giusta causa

 Durante lo scorso mese di marzo la Cassazione aveva emesso diverse sentenze in tema di licenziamento.

In particolare, la Cassazione, con la sentenza n, 6498 del 22 marzo 2011, ha affermato che ai fini del licenziamento per giusta causa (nella fattispecie un caso di un furto in azienda) non si applica il divieto di monitorare l’attività dei lavoratori attraverso impianti audiovisivi: in questo caso, il controllo serve necessariamente a tutelare il patrimonio aziendale.

Infatti, così come stabilisce lo Statuto dei lavoratori dove gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso degli impianti.