Licenziamento: quando e come si applica il giustificato motivo

 La Riforma del Lavoro ha introdotto notevoli cambiamenti in materia di licenziamento nelle sue diverse motivazioni e definizioni: dal giustificato motivo, che a sua volta può essere oggettivo o soggettivo, al licenziamento individuale a quello collettivo, dal risarcimento al reintegro. In sintesi, una varietà di voci nuove qualcuna delle quali conduce anche al contenzioso.

Il licenziamento per giustificato motivo, un nuovo pronunciamento della Cassazione

 La Corte di Cassazione, attraverso la sentenza n. 7 dello scorso 2 gennaio 2013, ha affermato l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo dove alla base del quale c’è il rifiuto del lavoratore di trasferirsi in un’altra società del gruppo, con meno di 15 dipendenti, senza specificare che la mancata accettazione avrebbe comportato il suo allontanamento e senza che l’azienda provvedesse a verificare la possibilità di adibire il dipendente ad altre mansioni.

Licenziamento plurimo e collettivo, dalla Cassazione un chiarimento

 La Corte di Cassazione, attraverso la sentenza n. 13884 del 2 agosto 2012, recepisce il ricorso di un lavoratore che si riteneva danneggiato dal comportamento del proprio datore di lavoro, in effetti, il precedente grado di giudizio, il Tribunale riteneva legittimi il licenziamento intimato al dipendente sulla scorta della distinzione fra “licenziamento collettivo” che presuppone la realizzazione di una riduzione o trasformazione di attività, e “licenziamento plurimo” per giustificato motivo oggettivo che è riferito alla contingente soppressione di alcuni posti di lavoro, come nel caso di eliminazione di un reparto o settore produttivo.

La prova per il licenziamento per giustificato motivo

 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 11775 del 2012, conferma un orientamento già consolidato, ossia ai fini della legittimità del licenziamento pei ragioni inerenti all’attività produttiva, è il datore di lavoro che deve provare il giustificato motivo al fine di consentire al lavoratore, la parte più debole del rapporto di lavoro, di poter iniziare le proprie azioni difensive.