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La prova per il licenziamento per giustificato motivo

 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 11775 del 2012, conferma un orientamento già consolidato, ossia ai fini della legittimità del licenziamento pei ragioni inerenti all’attività produttiva, è il datore di lavoro che deve provare il giustificato motivo al fine di consentire al lavoratore, la parte più debole del rapporto di lavoro, di poter iniziare le proprie azioni difensive.

Per la Cassazione le ragioni di tipo produttivo e organizzativo

sussistenti all’epoca della comunicazione del licenziamento, nonché l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita, in relazione al concreto contenuto professionale dell’attività cui il lavoratore stesso era precedentemente adibito

Non solo, la Corte ha fatto anche presente che

il giustificato motivo oggettivo deve essere valutato sulla base degli elementi di fatto esistenti al momento della comunicazione del recesso, la cui motivazione deve trovare fondamento in circostanze realmente esistenti e non future ed eventuali

e che nell’ambito dell’onere probatorio che incombe sul datore di lavoro, in caso di licenziamento per giustificato motivo, per la suprema Corte di Cassazione

il datore di lavoro che adduca a fondamento del licenziamento la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato ha l’onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore per l’espletamento di mansioni equivalenti a quelle svolte, ma anche di aver prospettato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni interiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purché tali mansioni siano compatibili con l’assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall’imprenditore

La Corte di Cassazione non ha, nella sostanza, rimesso in discussione il parere espresso dal precedente grado di giudizio dove avevo espresso il convincimento di un cambio di mansione prima di procedere al suo licenziamento.

In effetti,

alla contestata situazione del venir meno dell’utilità di un tale figura professionale e non essere semplicemente prospettata come potenziale causa di recesso in un futuro prossimo, senza che, nel contempo, fosse fornita alcuna prova della possibilità di repechage del lavoratore in attività similari, dato che, comunque, da una parte l’attività di franchising continuava

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