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Analisi sull’aumento dell’occupazione in Italia

Un recente studio della Banca d’Italia ha analizzato i fattori che hanno contribuito all’aumento dell’occupazione in Italia tra il 2019 e il 2024. In questo periodo, il numero di occupati è cresciuto di circa il 5%, in linea con la media dell’area euro. L’analisi ha identificato sia cause temporanee che tendenze più strutturali. Due fattori temporanei hanno avuto un impatto significativo. Il primo è legato all’aumento dei costi dei beni intermedi e del capitale dal 2021.

aumento dell’occupazione

Focus sull’aumento dell’occupazione in Italia

Questo ha spinto le aziende a ridurre l’uso di macchinari e strumenti e ad assumere più personale, portando a un aumento dell’occupazione ma riducendo la produttività oraria. Questo fenomeno è stato accentuato anche dalla diminuzione dei salari reali, rendendo l’assunzione di lavoratori meno costosa per le imprese. Con il calo dell’inflazione e una politica monetaria meno restrittiva, si prevede che questa dinamica si esaurisca.

Il secondo fattore temporaneo è stato il forte sviluppo di alcuni settori specifici, in particolare le costruzioni, che hanno beneficiato di incentivi pubblici, e i servizi pubblici, soprattutto sanità e istruzione. Insieme, questi due settori hanno generato circa la metà della crescita occupazionale del periodo. Lo studio ha evidenziato anche tendenze più strutturali.

I settori tecnologici e dei servizi avanzati, come informazione e comunicazione, hanno trainato la crescita, contribuendo per circa un quarto all’aumento complessivo dell’occupazione. La domanda di lavoratori specializzati è cresciuta notevolmente, soprattutto per figure come specialisti ICT, ingegneri, avvocati e manager. Altri settori più tradizionali, come l’industria alimentare, la meccanica, il commercio e il turismo, hanno anch’essi dato un contributo positivo, sebbene più contenuto.

Si è anche registrato un aumento della quota di lavoro dipendente e una riduzione del lavoro irregolare. Un altro elemento strutturale è l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro delle fasce di età più anziane, in parte dovuto alle riforme pensionistiche. Gli over 55 rappresentano una forza lavoro stabile, in gran parte con contratti a tempo indeterminato, che tende a sostenere l’occupazione anche nei periodi di rallentamento economico.

Lo studio ha anche esaminato le politiche retributive delle aziende. Le imprese che offrono salari più elevati tendono a garantire maggiore stabilità lavorativa e a investire di più in produttività. Tuttavia, il divario salariale tra le aziende è aumentato: mentre in alcuni settori i salari reali sono diminuiti o rimasti invariati, nelle aziende più produttive e tecnologiche sono cresciuti, ampliando la disparità tra i lavoratori.

In questo contesto, l’introduzione di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale non ha ridotto l’occupazione, ma ha favorito la crescita di professioni più qualificate, suggerendo un rapporto di “complementarità” piuttosto che di sostituzione.

Nelle aziende meno innovative, invece, l’occupazione è cresciuta soprattutto nelle mansioni manuali. Infine la diffusione del lavoro da remoto, accelerata dalla pandemia, potrebbe aiutare a superare il disallineamento geografico tra domanda e offerta di lavoro. Il telelavoro, inoltre, ha dimostrato di poter favorire l’occupazione femminile, tradizionalmente più bassa in Italia.

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