Occorre tener presente che geolocalizzare lavoratori in smart working sia assolutamente vietato per legge. Un’azienda è stata sanzionata dal Garante per la Privacy con una multa di 50mila euro per aver geolocalizzato circa cento dipendenti durante il loro lavoro da remoto. La pratica, volta a verificare la corrispondenza tra la posizione dichiarata e quella effettiva, è stata ritenuta illegittima in assenza di una base giuridica adeguata e di un’idonea informativa ai lavoratori.

Non è possibile geolocalizzare lavoratori in smart working
La vicenda riaccende i riflettori sulle tutele previste per i lavoratori in materia di controllo a distanza. L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970) stabilisce che l’utilizzo di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo è consentito unicamente per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale, subordinandone l’installazione a un accordo collettivo.
Il Jobs Act (D. Lgs. 151/2015) ha introdotto la possibilità di controlli mirati su dispositivi aziendali come smartphone e PC, ma precisa che i dati raccolti sono utilizzabili ai fini del rapporto di lavoro solo previa adeguata informazione sulle modalità d’uso e nel rispetto della privacy. Queste disposizioni mirano a proteggere la dignità e la riservatezza dei lavoratori, evitando una sorveglianza continua e invasiva che annulli ogni spazio di autonomia.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 2572 del 14 aprile 2023, ha ribadito la necessità di un accordo sindacale preventivo per l’installazione di strumenti aziendali che possano comportare un controllo a distanza. Solo in mancanza di tale accordo è possibile richiedere un’autorizzazione all’Ispettorato, allegando la documentazione comprovante il fallimento della trattativa sindacale. Il consenso individuale del lavoratore non può in alcun modo sostituire l’accordo o l’autorizzazione.
Anche il Garante per la Privacy è intervenuto più volte sul tema, sottolineando come le esigenze di controllo sull’osservanza dei doveri nello smart working non possano tradursi in un monitoraggio costante e meccanico che leda la libertà e la dignità dei dipendenti, contravvenendo allo Statuto dei Lavoratori e ai principi costituzionali.
Nel caso specifico, l’azienda contattava telefonicamente a campione i dipendenti, chiedendo loro di attivare la geolocalizzazione e di comunicare via email la loro posizione esatta, seguite da verifiche e potenziali provvedimenti disciplinari. Tale modalità operativa, priva di una valida base giuridica e di un’informativa trasparente, ha comportato un’illegittima interferenza nella sfera privata dei lavoratori, culminando nella sanzione inflitta dal Garante. Insomma, occorre fare molta attenzione quando si decide di monitorare i lavoratori in smart working, con tutti i paletti del caso previsti dalla legge.