Dettagli extra sull’occupazione femminile in Italia. I dati Istat evidenziano una tendenza all’aumento della segregazione professionale orizzontale in Italia, nonostante una crescita complessiva dell’occupazione femminile.

Alcuni dettagli utili a proposito dell’occupazione femminile in Italia
Questo significa che, sebbene sempre più donne entrino nel mercato del lavoro (con un tasso di attività tra i 15 e i 64 anni che ha raggiunto il 57,7% nel 2023, rispetto a poco più del 30% negli anni ’70), la metà di esse si concentra in sole 21 professioni, contro le 53 degli uomini.
A livello europeo, l’Italia si colloca all’ultimo posto per tasso di occupazione femminile, con un distacco di almeno 20 punti percentuali da paesi come Germania, Olanda e Finlandia. Analizzando le professioni, si osserva una forte prevalenza femminile in settori come la formazione (maestre di scuola preprimaria e primaria, insegnanti di discipline umanistiche e di sostegno), dove le donne superano la metà degli occupati.
Al contrario, in ambiti come ingegneria e architettura, la presenza femminile è inferiore a un quarto. Nelle scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali, le donne rappresentano circa un terzo degli occupati, mentre nel settore informatico e tecnologico scendono a meno del 18%. Le giovani donne stanno compiendo progressi nelle professioni Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), tradizionalmente maschili, con una differenza di circa 10 punti percentuali tra le fasce d’età 25-39 anni e 55-69 anni.
Tuttavia, rimangono una netta minoranza rispetto ai colleghi uomini. Un avanzamento significativo della presenza femminile si registra tra i dirigenti della pubblica amministrazione e i medici, con oltre la metà dei dirigenti medici del Servizio Sanitario Nazionale che erano donne nel 2022 (56%). Nonostante ciò, nelle posizioni apicali della carriera medica, come responsabili di struttura semplice e complessa (gli ex primari), la presenza femminile scende rispettivamente al 38% e al 21%.
Anche nella magistratura si osserva una prevalenza femminile (oltre il 58% a marzo 2024), ma le donne in ruoli direttivi non raggiungono il 30%. Nei ruoli governativi, l’Italia è sotto la media europea, mentre nel Parlamento la rappresentanza femminile (un terzo) è in linea con l’Europa, ma distante dai paesi nordici. A livello territoriale e aziendale, alla fine del 2024 si contavano solo due presidenti di Regione donna e due sindache di comuni capoluogo, senza nessuna donna alla guida di una città metropolitana.
Meno di un terzo delle imprese è a conduzione femminile, concentrate soprattutto nei servizi, nella sanità, nell’assistenza sociale e nell’istruzione. Nelle imprese industriali, la guida femminile è inferiore a una su cinque. Nelle società quotate in Borsa, grazie a interventi normativi, si riscontra un discreto equilibrio di genere nei consigli di amministrazione, ma le amministratrici delegate non superano il 3%, contro una media europea vicina all’8%.
Infine, il part-time involontario riguarda un numero di donne tre volte superiore rispetto agli uomini, e solo poco più della metà delle lavoratrici ha un impiego standard (tempo indeterminato e full-time o autonome con dipendenti), contro circa 7 uomini su 10. Le lavoratrici più vulnerabili sono le giovani, residenti nel Mezzogiorno, con bassa istruzione e cittadinanza straniera.