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Occupazione femminile: bassa crescita nelle regioni meridionali

 In Italia l’occupazione femminile negli ultimi anni è aumentata, ma ciò nonostante il nostro Paese rimane agli ultimi posti in Europa; inoltre, la crescita del lavoro femminile non è omogenea su tutto il territorio nazionale, ma presenta livelli di espansione elevati al Nord e nel Centro Italia, mentre al Sud le donne continuano a fatica a trovare un’occupazione. Nel dettaglio, dal 1993 e fino allo scorso anno, l’occupazione femminile è aumentata di quasi 1,8 milioni di unità, ma per ogni dieci donne occupate solo una è una lavoratrice del Sud. A mettere in evidenza questa criticità, durante una audizione in Commissione lavoro al Senato, è stato il direttore centrale dell’Istat Linda Laura Sabbadini, a conferma di come la donna nel nostro Paese, oltre a subire spesso delle discriminazioni, risulta essere altresì svantaggiata a livello territoriale.

I bassi ritmi di crescita dell’occupazione femminile comportano per l’Italia un tasso di occupazione in rosa pari ad appena il 46,1%, ovverosia ben dodici punti percentuali in meno rispetto alla media europea calcolata sui 27 Paesi. Nel Meridione, infatti, solo tre donne su dieci sono occupate, mentre al Nord-Ovest e nel Nord-Est d’Italia la percentuale supera il 55%. A conti fatti, quindi, la crescita di lungo periodo dell’occupazione femminile in Italia non è stata tale da permettere al nostro Paese un allineamento con il resto d’Europa.

La crisi poi, come riporta la CGIA di Mestre, ha comunque penalizzato sia gli uomini, sia le donne; ma queste ultime lo scorso anno sono state maggiormente penalizzate nel settore industriale, con l’occupazione femminile nel comparto che nel terzo trimestre 2009 è scesa di oltre dieci punti percentuali rispetto al -4,2% fatto registrare per i colleghi uomini. La crisi nel 2009 non ha comunque fatto sconti alle donne in termini di settori, mansioni, ruoli ricoperti e tipologie di contratto: a perdere il posto di lavoro, infatti, sono state in maniera quasi indiscriminata le donne occupate con un’attività di tipo autonomo, quelle con un contratto a tempo indeterminato, ma anche quelle con un contratto di lavoro a termine o di collaborazione. Insomma, per evitare che la donna in Italia in maniera forzata sia costretta solo ad occuparsi delle attività domestiche e della cura della famiglia, servono misure ed interventi incisivi per il contrasto alle differenze di genere.

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