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La piaga del lavoro minorile

 Secondo le stime si ritiene che sono 400 milioni i bambini nel mondo che vivono in schiavitù condannati a lavorare senza tutele per dare ai consumatori europei tutto quello che hanno bisogno; infatti, i prodotti che vengono prodotti e poi venduti in Europa e in Occidente, dalla raccolta della frutta all’estrazione di minerali usati per computer e telefonini, hanno una provenienza dubbia e costellata di sfruttamenti.

I dati sono del Confer, ossia della Confederazione spagnola dei religiosi, che ha diffuso le informazioni in occasione della Giornata Mondiale contro la schiavitù infantile, che si celebra proprio in questi giorni, organismi missionari e ong internazionali.

Molti lavorano per la fabbricazione di prodotti che poi vengono venduti in Europa e nel resto dell’Occidente. La Confederazione spagnola dei religiosi (Confer) ha “mappato” le varie località del mondo dove il fenomeno è più frequente e evidenzia come

indirettamente, questa schiavitù entra a far parte della nostra vita quotidiana, visto che le banane che mangiamo o il caffè che degustiamo potrebbero essere stati prodotti con il sudore dei bambini latinoamericani o africani

Secondo il Cofer gli ambiti commerciali dove vengono sfruttati i minori sono molteplici: dai tappeti  a tende, magliette, gioielli e tante altre cose potrebbero essere frutto del lavoro nero e forzato di minori indiani..

Il Cofer invita, così a

non lesinare alcun tipo di sforzo per sollecitare le autorità civili ad adempiere alle proprie responsabilità, a lottare contro queste ingiustizie e a dare a tutti i bambini la tutela legale che spetta loro

La data della Giornata non è casuale: risale alla morte di Iqbal Masih, bambino pachistano cristiano di 12 anni, ucciso il 16 aprile 1995 dalle mafie tessili del suo paese perché ne aveva denunciato gli sfruttamenti: Iqbal aveva lavorato come schiavo nell’industria tessile dall’età di quattro anni e, quando a 10 anni riuscì a scappare, diventò testimone di questa esperienza arrivando a parlare anche nei parlamenti e nelle università degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

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