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Dalla riforma del lavoro 2012 il licenziamento per motivi economici

 Accanto alla nuova stretta sulle partite IVA, il provvedimento varato dal Governo Monti e definito dal Ministro del Lavoro Elsa Fornero, ha, infatti, stabilito che la durata massima del contratto di lavoro non può superare otto mesi con un limite anche sulla retribuzione, oltre all’impossbilità di utilizzare un posto di lavoro fisso presente in azienda. In caso contrario, il datore di lavoro è tenuto a procedere all’assunzione del collaboratore.

Non solo, la riforma appena introdotta ha anche stabilito procedure più flessibili in merito all’assunzione di un lavoratore a chiamata: basta un SMS inviato alla Direzione del Lavoro territorialmente competente.

Stretta si vita anche sul posto fisso che, grazie alla modifica in tema di licenziamento, diventa possibile licenziare con maggiore facilità rispetto al passato, anche se poi servono, comunque, motivi veri e verificabili.

In tema di licenziamenti individuali è stato introdotto il motivo economico, ossia la possibilità da parte dell’impresa, o datore di lavoro, di rescindere il contratto di lavoro in base all’andamento dell’azienda o in caso di modifiche del suo assetto produttivo, come la possibilità di mutare la propria organizzazione o di definire un differente target produttivo.

Anche in questo caso, però, il dipendente può chiedere il parere del giudice per la verifica delle motivazioni oggettive portate dal datore di lavoro in sede di licenziamento. In questo caso, due le ipotesi: il giudice valuta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo, allora, in questo caso, può riconoscere al collaboratore il diritto ad una indennità risarcitoria omnicomprensiva con un importo che può variare da un minimo di 12 ed un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto comprensiva dei contributi previdenziali.

In merito alla definizione dell’indennità risarcitoria il giudice deve tener conto di alcuni elementi oggettivi: anzianità del lavoratore, numero dei dipendenti, le dimensioni dell’attività economica e il comportamento delle parti.

Al contrario, se il licenziamento è infondato, il giudice decide sulla reintegrazione insieme ad una indennità di non più dodici mensilità.

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