I criteri per identificare un contratto di associazione in partecipazione

 La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2496 dello scorso 21 febbraio 2012 ci permette di fare chiarezza sui criteri identificativi che consentono di classificare un contratto esistente come associazione in partecipazione.

In materia di distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa, la Corte di Cassazione, Sez. Lav. n. 19475 del 19 dicembre 2003 e Cassazione Sez. Lav. del 22 novembre 2006 n. 24781), ha affermato che l’elemento differenziale tra le due fattispecie risiede nel contesto regolamentare pattizio in cui si inserisce l’apporto della prestazione lavorativa dovendosi verificare l’autenticità del rapporto di associazione, che ha come elemento essenziale, connotante la causa, la partecipazione dell’associato al rischio di impresa, dovendo egli partecipare sia agli utili che alle perdile.

I lavoratori e la partecipazione all’impresa

Da diverso tempo si discute sul nuovo ruolo dei lavoratori nell’impresa al fine di incrementare la produttività dell’intero sistema economico.

Su questo argomento esistono diverse proposte di legge che intendono disciplinare la materia. In particolare, la proposta del deputato Volontè intende definire alcune norme in materia di partecipazione agli utili da parte dei lavoratori dipendenti delle piccole imprese.

In effetti, le piccole imprese artigiane e agricole, ovvero le realtà economicche che hanno un numero di dipendenti non superiore a dieci, sono quelle più colpite dalla crisi economica e che hanno la necessità di utilizzare, sempre di più, strumenti di questo tipo allo scopo di tutelare le proprie quote di mercato.

La partecipazione dei lavoratori, secondo la proposta di legge, è assicurata dalla forma di contratto di associazione in partecipazione.