Pensione anticipata a 63 anni: prospettive per i giovani lavoratori

 I giovani lavoratori, ovvero coloro che hanno iniziato il loro percorso di lavoro dal 1996 e sono inseriti interamente nel sistema contributivo, possono ottenere la pensione anticipata a 63 anni con 20 anni di contributi versati.

Ma sarà veramente possibile? Per la pensione anticipata dei giovani lavoratori si prevedono delle difficoltà, soprattutto perché la prima rata di pensione deve essere 2,8 volte l’assegno sociale. E questo requisito crea dei dubbi. Come faranno i lavoratori che hanno cominciato a lavorare dopo la riforma Dini del 1995, ovvero i giovani lavoratori, ad ottenere la nuova pensione anticipata voluta dalla nuova rifoma delle pensioni?

Pensione anticipata 63 anni, requisiti e contributi previsti per i giovani lavoratori

 Pensione almeno 2,8 volte l’assegno sociale: è questo uno dei requisiti per i giovani lavoratori ai fini dell’accesso alla pensione anticipata a 63 anni invece che a 67.

Ma facendo bene i conti, si arriva ad una conclusione: un giovane, per ottenere la pensione anticipata, deve avere un reddito annuo molto alto ovvero 45 mila euro per i dipendenti, 55 mila euro per i lavoratori a progetto, 62 mila euro gli autonomi. Quindi, una retribuzione annua consistente per raggiungere il requisito del “2,8 volte l’importo dell’assegno sociale”: 45 mila, 55 mila e 62 mila euro, come già precisato, sono le retribuzioni lorde che deve produrre un giovane lavoratore per maturare la prima rata di pensione di 1.201 andando in pensione a 63 anni con almeno 20 anni di contributi versati.

I CALCOLI IN DETTAGLIO
Reddito di 45.000 euro per lavoratori dipendenti: se i contributi Inps devono essere pari a circa un terzo dell’imponibile contributivo, il lavoratore dipendente, per versare 15.000 euro di contributi all’anno, dovrà avere un lordo in busta paga di 45.000 euro per ogni anno (15 mila moltiplicato per 3 = 45). Per 20 anni di contributi come minimo.

Addetti ai lavori usuranti, dal 2012 in pensione senza i tre anni di anticipo

 Novità per i lavoratori addetti a mansioni usuranti: non passano al nuovo sistema pensionistico, restano nel vecchio sistema delle quote, ma perdono i benefici previsti dal Decreto legislativo n. 67 del 2011, ovvero perdono la riduzione di tre anni sull’età anagrafica e quindi non andranno più in pensione con tre anni di anticipo, ma andranno in pensione tre anni più tardi.

Per il periodo 2008, 2009, 2010 e soprattutto per il 2011 i requisiti previsti dal Decreto legislativo n. 67 del 2011 rimangono invariati, quindi i lavoratori che rientrano in questo periodo potranno beneficiare della riduzione prevista, ma non i lavoratori addetti ai lavori usuranti che maturano i requisiti per l’accesso alla pensione dal 2012 in poi.

Addetti lavori usuranti, accesso alla pensione con il sistema delle quote

 Dal 2012 i lavoratori che svolgono lavori usuranti accedono alla pensione con il sistema delle quote della pensione di anzianità, ma senza i tre anni di anticipo. La norma è stata introdotta dalla riforma Monti.

Ripercorriamone l’iter, per maggiore chiarezza. Con il decreto legge n.67 del 2011 era stato introdotto un sistema ”transitorio”, in base al quale i lavoratori potevano accedere ad un pensionamento anticipato di tre anni a partire dal 2013, se in possesso dei requisiti per essere considerati addetti ai lavori usuranti, ovvero per aver svolto attività usurante per sette anni negli ultimi dieci. Con il sistema delle quote, però, i lavoratori potevano avere uno sconto sull’età anagrafica necessaria per l’accesso alla pensione di anzianità.

Ma con la riforma delle pensioni introdotta dal Governo Monti nel dicembre 2011, le regole sono cambiate per tutti i lavoratori: non solo per i lavoratori dipendenti e autonomi, ma anche per i lavoratori addetti a mansioni pesanti e particolarmente usuranti, per i quali proprio qualche mese prima un decreto specifico per la categoria aveva riformato l’accesso alla pensione

Riforma pensioni, i lavoratori penalizzati dal nuovo sistema pensionistico

 Le novità del nuovo sistema pensionistico penalizzano alcuni lavoratori che non possono usufruire di esoneri, deroghe o altri benefici, ché anzi ne traggono un danno non lieve. A cominciare dal prolungamento degli anni di lavoro con conseguente ritardo nell’accesso alla pensione.

Cerchiamo di capire, in dettaglio, quali sono i lavoratori penalizzati dal nuovo sistema pensionistico, iniziando dai lavoratori che avrebbero raggiunto la quota nel 2013 e dai lavoratori prossimi alla pensione, ovvero che maturano i vecchi requisiti nel 2012 e nel 2013 o nei prossimi anni. Sono certamente penalizzati tutti i lavoratori che avrebbero raggiunto la pensione di anzianità nel 2013 con il sistema delle quote, esattamente quota 97 con 61 anni di età e 35 anni di contributi.

I casi vari delle norme pensionistiche, fra esoneri e deroghe

 Precisiamo che ci sono delle categorie di lavoratori che non rientrano nelle nuove norme del sistema pensionistico a partire dal 2012 e quindi ne sono esonerate, e altre per le quali invece sono previste delle deroghe alle nuove norme pensionistiche rapportate ovviamente alle categorie cui appartengono.

Fra coloro che possono beneficiare della deroga al nuovo sistema pensionistico rientrano i lavoratori uomini dipendenti del settore privato, titolari di un contratto di lavoro come dipendenti del settore privato. Questi lavoratori possono beneficiare della deroga alle nuove norme pensionistiche se maturano il requisito della pensione di anzianità previsto nel 2012, cioè la quota 96 (ovvero 60 anni + 36 anni = quota 96), confermata anche nel 2012.

Si può andare in pensione anche con minimo 60 anni di attività lavorativa e 35 anni di contributi se si hanno i requisiti del 2011, cioè se un lavoratore uomo del settore privato raggiunge quota 96 ed un minimo di 60 anni di età e 35 di contributi entro il 31 dicembre 2012. Quindi, per avere la deroga, il lavoratore deve aver compiuto nel 2012 almeno 60 anni di età e 36 anni di contributi, oppure almeno 61 anni di età e con 35 anni di contributi.

La certificazione del diritto alla pensione

 La riforma Monti ha modificato il sistema pensionistico e prevede, per chi ha maturato il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2011, il diritto a chiedere al proprio ente previdenziale – Inps, Inpdap e altri – la certificazione del diritto alla pensione.

Va chiarito, comunque, che la certificazione non è obbligatoria per dimostrare il diritto alla pensione, che comunque è garantito a chi ne ha i requisiti. Tuttavia, secondo quanto previsto dall’art. 24 comma 3 del Decreto Legge n. 201, il lavoratore ha il diritto di richiedere ed ottenere la certificazione del diritto alla prestazione pensionistica.

Questa certificazione, in base al decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, dà la certezza di aver raggiunto i requisiti per la pensione con il sistema in vigore fino al 2011 e soprattutto ai lavoratori dà una maggiore tranquillità. Quindi si dà un consiglio ai lavoratori prossimi alla pensione o che hanno diritto alla pensione sulla base degli anni di contributi versati o dell’età anagrafica raggiunta o delle quote raggiunte: richiedere la certificazione del diritto alla pensione .