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TFR: aggiornamenti sugli anticipi

 Il tema degli anticipi del trattamento di fine rapporto è fra gli altri che abbiamo già chiarito per gli opportuni aggiornamenti (Leggi anche TFR: aggiornamenti su calcolo e accantonamento). Sappiamo già che, nel corso del rapporto di lavoro, il lavoratore può richiedere al proprio datore di lavoro un anticipo non superiore al 70% del TFR maturato se ha compiuto almeno 8 anni di anzianità. Vediamo in quali casi può essere richiesto l’anticipo.

L’anticipo del trattamento di fine rapporto potrà essere richiesto solo una volta e solo per necessità primarie quali l’acquisto delle prima casa per se stessi o per i figli o le spese sanitarie per terapie o interventi straordinari. Si precisa ancora che le richieste potranno essere soddisfatte entro il limite annuo del 10% degli aventi diritto e comunque entro il 4% del totale dei lavoratori.

Naturalmente, l’anticipo del trattamento di fine rapporto accende un credito nei confronti del dipendente, credito ascrivibile nell’Attivo dello Stato Patrimoniale fra le voci dell’Attivo circolante. Al momento dell’erogazione dell’anticipo il datore di lavoro dovrà applicare una trattenuta da versare entro il giorno 16 del mese successivo mediante il modello F24.

In base alla legge 662 del 1992 e successive modifiche, i datori di lavoro avranno l’obbligo di versare un acconto una tantum delle imposte da trattenere ai lavoratori dipendenti all’atto della corresponsione del trattamento di fine rapporto. Abbiamo detto che al momento del versamento si accredita un conto dell’attivo dello Stato Patrimoniale allocato fra i “Crediti verso altri” ascrivibile fra le Immobilizzazioni finanziarie. Si precisa che questo credito verrà utilizzato dallo stesso datore di lavoro per il versamento delle ritenute dovute sul TFR.

I datori di lavoro di aziende con oltre 49 dipendenti avranno un altro obbligo: dovranno versare il trattamento di fine rapporto maturando al “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di lavoro di cui all’art. 2120 del codice civile” gestito dall’Inps su un conto corrente aperto presso la Tesoreria dello Stato: si tratta del trattamento di fine rapporto per il quale i dipendenti non hanno destinato, espressamente o tacitamente, alla previdenza complementare.

La riforma del trattamento di fine rapporto (TFR) introduce una modifica anche alle scritture contabili delle imprese, in particolare quelle che hanno un numero dipendenti superiore a o uguale a 50, le quali devono inserire in bilancio, tra i debiti a breve termine, la quota del TFR accantonata, che verrà versata mensilmente ai fondi di previdenza o al fondo di tesoreria istituito presso l’Inps.

Quindi, bisogna contabilizzare ogni mese l’accantonamento TFR per raggiungere l’importo da versare ai fondi di previdenza. Pertanto, in “Dare” andrà contabilizzata una voce di conto economico chiamata “Trattamento di fine rapporto” mentre in “Avere” sarà inserito il conto “Debiti verso Istituti Previdenziali”. Il debito verrà estinto con il versamento mensile.

Alla cessazione del rapporto il datore di lavoro anticiperà le somme al dipendente producendo nei confronti dell’Inps un credito che servirà a compensare i successivi versamenti dei contributi degli altri dipendenti.

Si precisa che, per il trattamento di fine rapporto (TFR), il debitore nei confronti del lavoratore è il Fondo, non il datore di lavoro.

APPROFONDIMENTI
*Trattamento fine rapporto: scelta di assegnazione Tfr per i contratti inferiori a 6 mesi
*Tfr: previdenza integrativa, Fondo contratto collettivo o FondInps. Opzioni da valutare
*Tfr: quote di trattamento di fine rapporto presso il datore di lavoro
*Scelta destinazione TFR

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