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Tfr: previdenza integrativa, Fondo contratto collettivo o FondInps. Opzioni da valutare

 Il lavoratore può scegliere fra due opzioni: destinare il trattamento di fine rapporto ad un fondo di previdenza integrativa o lasciare il Tfr in azienda, con l’obbligo di comunicare la scelta entro 6 mesi dall’assunzione, altrimenti scatta il silenzio assenso e il versamento al Fondo pensione previsto dal contratto collettivo o al FondInps.

Lo scopo della previdenza integrativa è quello di consentire al lavoratore di integrare la pensione Inps o di altri enti di previdenza obbligatoria con prestazioni pensionistiche aggiuntive. Infatti, per motivi contingenti, per i lavoratori s’impone la necessità di ricorrere a forme di previdenza complementare ed integrativa, oltre alla previdenza obbligatoria di base, garantita sopratuttto dall’Inps.

Le cause sono note: la riforma delle pensioni, con l’introduzione della pensione di vecchiaia o anticipata, con l’aumento dell’età anagrafica necessaria e il calcolo della pensione con il sistema contributivo abbassa di parecchio l’importo della pensione. E, quindi, meglio mettersi al riparo con altre forme previdenziali. Fra le quali, appunto, la previdenza integrativa dal Tfr.

La previdenza integrativa, comunque, non è obbligatoria: il lavoratore è libero di scegliere la destinazione del Tfr. Il legislatore ha previsto la deducibilità dei contributi previdenziali per i lavoratori che aderiscono ad un fondo di pensione integrativa, allo scopo di stimolarli ad optare per questa scelta pensando in dimensione futuro.

Per meglio chiarire il tema del trattamento di fine rapporto e della previdenza integrativa nei suoi vari aspetti, precisiamo che, dal 2007, i lavoratori assunti devono comunicare al datore di lavoro, entro 6 mesi, l’opzione scelta. Dal 1° gennaio del 2007, infatti, il lavoratore può destinare il trattamento di fine rapporto ad una forma pensionistica complementare e integrativa, che può essere un fondo pensione di categoria, un fondo pensione aperto, ecc…

Dalla stessa data, in base al Decreto Legislativo n. 252 del 2005, ogni lavoratore, tranne i lavoratori domestici, ha la possibilità di decidere se destinare il trattamento di fine rapporto ad un fondo per la pensione complementare, oppure mantenere il trattamento di fine rapporto presso l’azienda, secondo quanto previsto originariamente dall’art. 2120 del codice civile, che disciplina appunto il Tfr.

Se il lavoratore non comunica entro i termini stabiliti la sua opzione, il Tfr viene conferito alla forma pensionistica prevista dalla contrattazione collettiva, quindi dal proprio CCNL di categoria, in base al meccanismo del silenzio assenso (art. 8 comma 6 lettera b del D. Lgs. n. 252 del 2005).

Per maggiori informazioni

APPROFONDIMENTI
*Il cambio del Fondo in caso di previdenza integrativa
*La decorrenza per la previdenza complementare

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