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Telelavoro: Italia fanalino di coda

In un articolo del Corriere della Sera si parla di Telelavoro e del fatto che in Italia rispetto ad altri paesi europei sia diffuso in misura molto minore.

L’articolo pone l’accento sul fatto che nemmeno i sindacati vedono di buon occhio questa forma di lavoro.

Treves, responsabile del dipartimento Politiche attive del lavoro della Cgil afferma

Le persone hanno bisogno di parlarsi e di vedersi. Non è tutto risolvibile con la webcam e i messanger. E infatti i milioni di telelavoratori che aveva previsto l’Ue non sono arrivati


A quanto pare un altro problema è rappresentato dai costi per attrezzare l’abitazione del telelavoratore.
Insomma l’Italia anche in questo caso non fa una bella figura…

Ci chiediamo: come mai allora nel Regno Unito e in Danimarca più di un lavoratore su quattro sia remote working? Siamo davvero così arretrati o non si vuole investire in qualcosa che ancora si conosce poco?

O forse, come spiega ancora Treves

Il punto fondamentale è che il telelavoro è una modalità di prestazione che modifica la struttura e l’organizzazione dell’impresa e questo non è nelle corde dell’imprenditoria e dell’amministrazione pubblica italiane

Un pc portatile ed un cellulare sono i due oggetti che caratterizzano questo lavoro: niente insomma di particolarmente spaventoso.

(articolo scritto da una di quelle che sta lavorando da casa)