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Cambiare le mansioni ad un lavoratore: è possibile?

 Con sentenza n. 8527 del 14 aprile 2011, la Cassazione ha affermato che ai fini della verifica dell’esercizio del potere da parte del datore di lavoro di mutare le mansioni ad un proprio lavoratore, occorre valutare l’omogeneità tra le mansioni attribuite e quelle precedenti sulla base della equivalenza tra la competenza richiesta e l’utilizzo del patrimonio professionale.

Sono equivalenti le mansioni che consentono l’utilizzo ed il perfezionamento delle nozioni ed esperienza acquisite nella fase pregressa del rapporto (in questo senso anche Cassazione, 9 giugno 1997 n. 5162).

Quindi non è necessario che ci sia perfetta identità tra le mansioni, ma non bisogna dimenticare il bagaglio di esperienza che il lavoratore ha avuto nella fase precedente del rapporto di lavoro. Le nuove mansioni possono considerarsi equivalenti alle ultime effettivamente svolte solo quando sia tutelato il patrimonio professionale del lavoratore.

Pertanto, il potere del datore di lavoro di cambiare le mansioni ( detto anche Ius variandi) ai propri dipendenti è limitato dal dovere rispettare il principio di equivalenza.

Il giudice, di fronte ad una causa relativa ad una eventuale violazione dello ius variandi deve quindi indagare se:

– sia rispettato il livello retributivo raggiunto
– l’inquadramento delle mansioni nel CCNL e quelle specificate nella lettera di assunzione

– ed infine comparare concretamente le nuove alle precedenti mansioni basandosi su competenza richiesta e livello professionale raggiunto.

Il lavoratore può essere sempre adibito a mansoni superiori in via temporanea oppure in via definitiva con il conseguente diritto alla promozione (e quindi al trattamento complessivo relativo alla nuova attività) , mentre l’assegnazione a mansioni inferiori ( c.d. demansionamento) può avvenire solo in casi eccezionali.

L’assegnazione temporanea a mansioni superiori avviene in genere quando il datore di lavoro ha necessità di cooprire un posto vacante di un lavoratore assente ma con diritto alla conservazione del posto (es. infortunio, malattia, gravidanza, ferie, sciopero).

Tale assegnazione deve avvenire con le modalità previste dalla contrattazione collettiva.

Per maggiori informazioni si rinvia alla sentenza pubblicata dalla DPL di Modena

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