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Cassazione, la responsabilità del consulente

La Corte di Cassazione, Sez. Terza Civ., con sentenza n. 21700 del 20 ottobre 2011 ha stabilito un’interessante principio, ossia il professionista non può essere considerato responsabile della consulenza sbagliata qualora risulti derivata da un’interpretazione normativa confusa.

In effetti, la Corte di Cassazione è giunta a questo principio di diritto secondo il quale la limitazione della responsabilità professionale del professionista ai soli casi di dolo o colpa grave a norma dell’art. 2236 codice civile si applica nelle sole ipotesi che presentino problemi tecnici di particolare difficoltà.

La norma del diritto civile appena enunciata riguarda la responsabilità del prestatore d’opera e fissa che se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.

Nella fattispecie il consulente aveva consigliato il notaio a versare i contributi previdenziali relativi ad alcuni giovani assunti con contratto di formazione e lavoro, in misura fissa, analogamente a quanto previsto per i giovani assunti con contratto di apprendistato. Questo inquadramento, tuttavia, era stato ritenuto non corretto dall’Istituto previdenziale competente, sulla base di una interpretazione della Legge n. 407/1990 (che escludeva gli studi professionali dalla categoria delle “imprese” ammesse a tale agevolazioni).

Per questa ragione la parte lesa aveva chiesto al consulente del lavoro il risarcimento dei danni conseguenti alla parziale omissione contributiva (per sanzioni e differenze di contributi).

La Corte di Cassazione, nella sentenza in oggetto, ribadisce che la limitazione della responsabilità professionale del professionista ai soli casi di dolo o colpa grave a norma dell’art. 2236 del codice civile si applica nelle sole ipotesi che presentino problemi tecnici di particolare difficoltà.

Per la Suprema corte, così come già in precedenza stabilito in accordo con Cassazione 14 agosto 1997 n. 7618 e 18 maggio 1988 n. 3463

L’accertamento se la prestazione professionale in concreto eseguita implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, è rimesso al giudice di merito ed il relativo giudizio è incensurabile in sede di legittimità, sempre che sia sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto

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