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Inail, il lavoratore e il mobbing

L’organizzazione pubblica che deve garantire la tutela contro il rischio infortunistico contratto sul lavoro è senza dubbio l’Inail.

Non solo, lo stesso istituto deve anche garantire ad ogni lavoratore assistenza in caso di malattia professionale.

Queste particolari prestazioni sono previste espressamente da appositi istituti normativi, quali il decreto 1124/1965 e il decreto 38/2000. Il legislatore ha espressamente previsto che per malattia professionale deve intendersi qualsiasi malattia di cui sia comunque provata la causa di lavoro.

Ora, per avere una visione più chiara occorre comprendere la posizione dell’Inail sul delicato tema delle patologie psichiche determinate dalle condizioni organizzativo/ambientali di lavoro.

In questo contesto la Sentenza della Corte Costituzionale n. 179/1988 e il contenuto del decreto n. 38/2000 permettono di delineare di parecchio il quadro di riferimento. In effetti, in base all’articolo 10 sono malattie professionali, non solo quelle elencate nelle apposite tabelle di legge, ma anche tutte le altre di cui sia dimostrata la causa lavorativa.

In questi ultimi anni è maturata sempre più la consapevolezza che non è possibile scindere l’organizzazione dei processi produttivi dalla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

In questo nuovo contesto la nozione di causa lavorativa ora  ricomprende anche quella riconducibile all’organizzazione aziendale delle attività lavorative, così il datore di lavoro e il lavoratore non possono trascurare questo importante aspetto che implica risvolti di tipo sociale quali il mobbing.

L’Inail, con la circolare n. 71 del 17 dicembre 2003, ha voluto meglio specificare l’intera materia.

L’Istituto considera anche i disturbi psichici che possono essere considerati di origine professionale solo se sono causati, o concausati in modo prevalente, da specifiche e particolari condizioni dell’attività e della organizzazione del lavoro.

Si ritiene che tali condizioni ricorrano esclusivamente in presenza di situazioni di incongruenza delle scelte in ambito organizzativo, situazioni definibili con l’espressione costrittività organizzativa.

L’Inail ha provato ad elencare le diverse situazioni di costrittività organizzativa più ricorrenti in un insieme che riveste unicamente un valore orientativo per eventuali situazioni assimilabili.

In questo contesto trova posto la marginalizzazione dalla attività lavorativa, lo svuotamento delle mansioni, la mancata assegnazione dei compiti lavorativi con inattività forzata, la mancata assegnazione degli strumenti di lavoro, i ripetuti trasferimenti ingiustificati, la prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto, la prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici, l’impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie, l’inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro, l’esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale.

Non solo anche l’esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo è una fattispecie assimilabile.

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