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L’Inail e lo stress da lavoro correlato

Il nostro Legislatore, dal mese di gennaio 2011, obbliga le imprese a rivedere il documento di valutazione del rischio e ha emesso una serie di documenti che permettono di definire i principi e le procedure per valutare le cause dello stress.

In effetti, sul posto di lavoro i carichi di tensione sono, spesso, all’ordine del giorno: turni troppo lunghi, dissidi con i colleghi e l’ansia da prestazione sono elementi che mettono a rischio il benessere del luogo di lavoro.

In base alla circolare del 18 novembre 2010 del ministero del Lavoro, le aziende saranno obbligate per legge a misurare il livello di stress dei propri dipendenti.

Il documento emesso dal ministero contiene le linee guida necessarie per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, così come previsto dal Testo unico 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro.

In realtà, per l’Inail queste patologie non sono una novità; in effetti, da tempo vengono compresi nella tutela assicurativa anche quei casi di patologie psichiche e psicosomatiche dovuti all’ esposizione  a un evento, definito così, stressogeno acuto.

Marta Clemente, dirigente della Sovrintendenza medica dell’Istituto, ha osservato che

In totale le denunce pervenute all’Inail per questo tipo di disturbi sono circa 500 l’anno. Solo nel 10-15% dei casi, però, sono state ritenute malattie di origine professionale. Trattandosi di patologie a origine multifattoriale, il percorso metodologico per l’accertamento del nesso causale tra condizione/rischio e malattia denunciata segue lo stesso iter accertativo previsto per le altre malattie professionali e necessita di un atteggiamento rigoroso e obiettivo, che riguarda non solo l’inquadramento clinico della malattia, ma soprattutto l’identificazione oggettiva dell’esistenza di un’efficiente causa lavorativa psicostressante.

Secondo le nuove disposizioni, la valutazione del rischio stress correlato è un obbligo a carico del datore di lavoro che, dopo aver consultato i rappresentati dei lavoratori per la sicurezza, deve pianificare un percorso di intervento che comprende l’identificazione di eventuali fattori di pericolo, programmare le soluzioni correttive e monitorarne nel tempo gli effetti.

Ricordiamo che la valutazione prende in esame non i singoli soggetti, ma gruppi omogenei di lavoratori che risultino esposti a rischi dello stesso tipo, secondo un’analisi che ogni datore di lavoro può autonomamente effettuare in ragione dell’organizzazione aziendale.

Il ministero ricorda che, secondo delle direttive a suo tempo emanate, deve essere fatta una valutazione preliminare in cui vengono presi in esame gli indici infortunistici, le assenze per malattia, le lamentele dei dipendenti, ma anche gli orari di lavoro e le turnazioni.

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