Home » L’Inail e il rischio nucleare giapponese

L’Inail e il rischio nucleare giapponese

 L’Inail interviene a proposito del rischio che corre la popolazione a causa della centrale di Fukushima e lo fa mentre il Ministero della Salute esclude rischi nucleari per la popolazione italiana e mette a disposizione sul proprio sito informazioni e consigli sui possibili rischi immediati e a lungo termine.

Il direttore del Dipartimento di Medicina del Lavoro Inail (ex-Ispesl), Sergio Iavicoli, nel ricordare Chernobyl ha provato a fare il punto sulla situazione italiana evidenziando che, seppur il problema desta preoccupazione, i rischi di nuove piogge radioattive sono lontani. In effetti, secondo il direttore

Dopo Hiroshima e Chernobyl il nucleare è stato uno dei settori più studiati. Oggi si conoscono perfettamente i rischi e le misure cautelative che devono essere prese in questi casi. Ad esempio le compresse di sale di iodio, che nelle prime ore sono state distribuite dal governo giapponese, sono utili per fermare le prime contaminazioni: quando c’è un aumento della radioattività questa si propaga sia per irradiazione diretta sia per penetrazione negli alimenti e quindi attraverso l’ingestione di cibi contaminati

Il direttore del Dipartimento ricorda che gli elementi nel rischio contaminazioni sono tre, ovvero lo iodio 131 (I-131), il cesio 137 (Cs -137) e lo stronzio 90 (Sr-90).

Per Sergio Iavicoli questi elementi possono risultare dannosi se assunti in dosi elevate

Lo iodio 131 viene assorbito dalla tiroide ed è il responsabile dell’insorgenza del tumore in questa area del corpo. Un rischio da non sottovalutare, anche perché l’insorgenza può verificarsi dopo diversi anni

Al momento corrono i rischi maggiori i lavoratori che sono impiegati direttamente nella centrale nel tentativo di bloccare l’emissione delle radiazioni. A questo proposito, Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Oncoematologia all’ospedale Bambino Gesù di Roma,

la conseguenza è una sindrome acuta da radiazioni con esito fatale o la distruzione del midollo osseo, con esiti altrettanto seri. Se invece si è esposti a dosi più basse nel breve/medio periodo, ovvero nel giro di qualche settimana o mese, il rischio maggiore è quello di sviluppare malattie tumorali ematologiche come linfomi e leucemie

Concludendo, Locatelli pone in evidenza che

Il Giappone è un paese medicalmente molto evoluto; non credo si renderà necessario un aiuto sanitario specialistico come 25 anni fa nel caso dell’Ucraina

Lascia un commento