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La tutela in caso di dimissioni volontarie della lavoratrice in maternità

 Una tutela speciale vige per le dimissioni volontarie della lavoratrice in maternità allo scopo di evitare che la donna venga costretta a dimettersi e che quindi non si dimette volontariamente, ma perché costretta. Potrebbe, infatti, trattarsi, di un aut aut.

Delle dimissioni volontarie della lavoratrice presentate durante il periodo in cui vige divieto di licenziamento, durante il periodo di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino, si occupa il Testo Unico nell’ambito della tutela a sostegno della maternità e della paternità, ovvero il Decreto legislativo n. 151 del 2001, all’art. 55 comma 4.

Il comma 4 all’art. 55 del Dl 151/2001 stabilisce, infatti, che “la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla madre lavoratrice o dal padre lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro”.

La legge, quindi, non solo tutela solo la donna lavoratrice madre contro i licenziamenti, ma anche contro le eventuali dimissioni obbligate e non volontarie. Il Ministero del lavoro, mediante il servizio ispettivo, valuta a quali condizioni la donna si dimette, consente alla donna di risolvere il contratto di lavoro e ne convalida le dimissioni solo se giustificate da motivi validi e senza coercizione della sua volontà.

La tutela per le dimissioni volontarie vale anche per il padre lavoratore che ha avuto il congedo di paternità per la morte o per l’abbandono della madre. Infatti tutti i diritti della madre passano al padre, compresa la tutela contro i licenziamenti e la dimissione volontaria, fino al compimento di un anno di età del bambino.

La disposizione contro la dimissione volontaria durante il periodo di divieto dei licenziamenti, vale anche nel caso di adozione e di affidamento, in questo caso entro un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. E vale sia per la madre lavoratrice che per il padre lavoratore.

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