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Le procedure di conciliazione con l’Università

 La Direzione generale per l’Attività Ispettiva, con interpello n. 34/2011 dello scorso 9 agosto 2011, si è pronunciata in merito alla conciliazione presso le Commissioni di certificazione costituite presso le Università come prevede l’articolo 31, comma 13, della legge n. 183/2010. In effetti, l’Università degli Studi – Roma Tre chiede un parere per la corretta interpretazione della disposizione di cui all’articolo 31, comma 13, Legge n. 183/2010, con particolare riferimento alla modalità di svolgimento delle conciliazioni presso le Commissioni di certificazione costituite presso le Università.

In particolare, l’Università chiede se la conciliazione che l’articolo 31 ha affidato alle Commissioni di certificazione universitarie può prevedere una procedura diversa da quella stabilita dall’art. 410 c.p.c. per il tentativo di conciliazione esperito presso le Direzioni provinciali del lavoro e se la stessa procedura è sottoposta agli stessi criteri di competenza territoriale previsti dal Legislatore per l’attività di certificazione.

In particolare, l’Università chiede se sia corretto ritenere che i medesimi criteri di cui agli articoli 76 e 77, decreto n. 276/2003, siano validi anche ai fini della funzione conciliativa svolta da tali Commissioni.

A questo riguardo, la Direzione generale per l’Attività Ispettiva precisa che il lavoratore e il datore di lavoro possono pertanto tentare la soluzione di una controversia in materia sia di lavoro pubblico che privato, attraverso l’esperimento di una conciliazione anche dinanzi le Commissioni di certificazione istituite, fra l’altro, presso le Università pubbliche e private.

In particolare sembra potersi sostenere, sempre secondo la Direzione del Ministero del lavoro, che alle conciliazioni svolte presso Commissioni  di certificazione costituite presso le Università si applichi, ad esempio, la normativa concernente i termini previsti per il deposito di eventuali memorie, con esclusione invece della disciplina di carattere “strutturale”, concernente ad esempio la composizione della Commissione, la quale non può non avere una specificità legata al diverso contesto in cui le stessa opera.

Non solo, per la Direzione generale per l’Attività Ispettiva non si è tenuti al rispetto di particolari limiti territoriali al fine di esperire il tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 410 c.p.c.

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