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Stage: l’intervista a Eleonora Voltolina

Abbiamo già parlato all’interno del blog dei vari stage che tutti sembra siano quasi “obbligati” a dover svolgere per entrare nel mercato del lavoro. Purtroppo spesso lo stage si rivela un mero strumento di sfruttamento. Per capire meglio come funziona (anzi come dovrebbe funzionare) abbiamo incontrato Eleonora Voltolina, giornalista e ideatrice di Repubblicadeglistagisti.

La Repubblica degli Stagisti: da blog a sito. Puoi raccontarci come è nata l’idea di realizzare una sorta di documentario reale della situazione degli stagisti in Italia?

E’ nata perché io stessa ho fatto ben 5 stage! E alla fine del quinto, un anno e mezzo fa, ho sentito l’esigenza di creare uno spazio online per discutere di questo tema, scambiare opinioni e consigli, approfondire alcuni aspetti con interviste e inchieste. Dall’aprile di quest’anno il blog si è trasformato in sito, è una vera e propria testata giornalistica online. L’obiettivo dichiarato della Repubblica degli Stagisti fin dalla sua nascita era mettere sotto i riflettori il tema dello stage. Così è stato e continua ad essere: i ragazzi che hanno raccontato le loro esperienze di stage, positive o negative, la Lista dei Buoni, le discussioni sui buchi della normativa, hanno contribuito a far partire un dibattito molto costruttivo e a far emergere problematiche che prima restavano in un cono d’ombra. E anche le aziende devono fare i conti con queste istanze. La Repubblica degli Stagisti vuol essere l’alleato dei giovani italiani nel non facile mondo del lavoro, per aiutarli a trovare buone opportunità formative e occupazionali: nella parte delle news offre quindi notizie sulle migliori occasioni di stage, interviste, approfondimenti e inchieste. C’è poi un’intera sezione dedicata alla normativa. Il filo diretto con i lettori ha una marcia in più rispetto al blog: dai commenti infatti si passa al Forum, con la possibilità non solo di commentare gli articoli ma anche di proporre argomenti di discussione. E poi c’è tutta una parte, importantissima, dedicata agli annunci di stage: qui possono proporre i loro stage solo le aziende che hanno aderito all’iniziativa Bollino OK Stage, sottoscrivendo la Carta dei diritti dello stagista. E’ quindi uno spazio protetto dove i giovani possono trovare buone opportunità e stare alla larga dagli stage-fregatura.

Secondo te lo stage potrebbe realmente rappresentare un valido strumento per un giovane che desidera apprendere le basi del lavoro?

Certo. L’importante è che i giovani conoscano bene la normativa di riferimento e non scordino mai che per qualsiasi problema non bisogna tacere, ma subito rivolgersi in prima battuta al proprio tutor, e poi all’ente promotore che ha sottoscritto la convenzione di stage. Il secondo consiglio che do sempre ai miei lettori è di non accettare tutte le proposte di stage a scatola chiusa: ve ne sono di buone e di meno buone, e non è sempre vero che “piuttosto di niente è meglio piuttosto”. Dipende anche molto da quanti anni ha il diretto interessato, se ha già finito il suo percorso formativo (scuola superiore, università etc) o no. Insomma, lo stage può essere utile però a patto di farlo quando si è giovani e inesperti, e usarlo (appunto) a proprio vantaggio, e non di subirlo.

Rimborso spese, buoni pasto: come dovrebbe essere organizzato lo stage per far sì che non sia un mero strumento di sfruttamento?

La Repubblica degli Stagisti su questo tema ha costruito appunto una sorta di “manifesto”, che è la Carta dei diritti dello stagista: la sintesi di tutto ciò che è stato detto, discusso, evidenziato in un anno e mezzo di dibattiti sul blog. Contiene principi che potrebbero sembrare quasi ovvi – come per esempio che gli stagisti debbano essere giovani, che non debbano essere utilizzati per sostituire personale in ferie o maternità, che la durata dello stage non debba essere eccessiva rispetto all’obiettivo formativo – ma che purtroppo non tutti rispettano. Ci sono già una quindicina di aziende che l’hanno sottoscritta, aderendo quindi all’iniziativa del “Bollino OK Stage” (l’elenco completo e sempre aggiornato con le nuove adesioni si può consultare a questo link). Alcune hanno migliaia di dipendenti, altre poco più di una decina: trattare con rispetto i propri stagisti è qualcosa di trasversale, lo può fare la multinazionale così come la microimpresa. L’importante è volerlo. E le aziende che già hanno il Bollino, così diverse tra loro, lo dimostrano concretamente.

Nel tuo sito compare anche una lista di aziende da te definite come “buone”. Quante di queste aziende al termine dello stage propongono un contratto, anche a tempo determinato, allo stagista?

La Lista dei Buoni è stata la prima iniziativa lanciata dalla Repubblica degli Stagisti, ormai un anno e mezzo fa: ai lettori veniva chiesto di segnalare le aziende che dessero almeno 500 euro di rimborso spese. A questa lista, che oggi conta oltre 300 aziende, nell’ottobre del 2008 se n’è affiancata un’altra, formata da tutte le aziende della Lista dei Buoni che hanno acconsentito a condividere alcune informazioni sulla gestione dei loro stagisti (essenzialmente, il numero di stagisti ospitati annualmente, la percentuale di assunzione dopo lo stage, l’eventuale presenza di altri benefit oltre al rimborso spese).

Quindi la Lista dei Buoni DOC è una sorta di “spin off” della Lista dei Buoni, che comprende un centinaio di aziende. L’elenco completo è disponibile sul sito al link: per ogni azienda sono specificate tutte le condizioni offerte agli stagisti, compresa la percentuale di assunzione. E’ uno strumento utile per rendere i giovani consapevoli.

Progetti per il futuro?

Innanzitutto portare a termine la grande inchiesta online sull’ ”Identikit dello stagista italiano”, che abbiamo avviato a maggio con l’ente pubblico Isfol. Anzi io invito tutti i lettori della Gazzetta del Lavoro a partecipare a questo sondaggio online, anonimo e veloce, per raccontare la propria (o le proprie) esperienze di stage. Ogni testimonianza sarà preziosa per tracciare questo identikit con maggior precisione. Abbiamo già raccolto migliaia di questionari e proprio in questi giorni la Repubblica degli Stagisti e l’Isfol hanno deciso di prorogare il sondaggio, che doveva essere chiuso il 6 agosto, fino al 6 di ottobre per permettere a tanti altri giovani di partecipare. Poi i risultati verranno elaborati dai ricercatori dell’Isfol e presentati al pubblico, indicativamente a fine novembre, invitando tutti i siti che avranno pubblicato il banner e contribuito quindi a far partecipare gli stagisti ed ex stagisti a questo sondaggio!

4 commenti su “Stage: l’intervista a Eleonora Voltolina”

  1. A mio parere la procedura “Bollino OK stage” è scorretta e ingannevole nei confronti degli utenti che si affidano ai consigli di Repubblica degli Stagisti. La gestione di questo sito web è l’attività principale della casa editrice Ventidue S.r.l. di Milano, la quale si sostiene soprattutto grazie al “Bollino OK stage”. Lo scopo di questo bollino, secondo le intenzioni dichiarate da Repubblica degli Stagisti, dovrebbe essere quello di rendere immediatamente riconoscibili quelle aziende che si impegnano a utilizzare lo strumento dello stage secondo una serie di criteri virtuosi che sono stabiliti dalla stessa testata giornalistica. Le aziende che aderiscono a questi suggerimenti, vengono evidenziate e quindi presentate come “buone” agli utenti del sito web, che sono quasi tutti giovani disoccupati in cerca di uno stage che li introduca nel mondo del lavoro. In realtà, sul sito web della testata giornalistica non è espresso chiaramente che le aziende segnalate come “buone”, versano a Repubblica degli Stagisti (che dovrebbe svolgere un ruolo di controllo nei confronti delle aziende e di garanzia nei confronti dei propri utenti) una quota annuale che offre loro anche la possibilità di pubblicare annunci pubblicitari sul sito. Come ha dovuto ammettere la stessa direttrice di Repubblica degli stagisti, Eleonora Voltolina, in una discussione sulla propria pagina facebook (http://www.facebook.com/board.php?uid=22276670275#!/topic.php?uid=22276670275&topic=13663) : “Le aziende che aderiscono all’iniziativa del Bollino OK Stage innanzitutto devono sottoscrivere la Carta dei diritti dello stagista, impegnandosi formalmente a rispettarne tutti i criteri. Poi versano una quota di adesione annuale che apre la possibilità di pubblicare annunci sul nostro sito e di utilizzare il nostro marchio per rendere visibile la loro adesione a questa iniziativa. I lettori del nostro sito possono visualizzare gli annunci solo di quelle aziende che si sono impegnate a sottostare ai punti della Carta”. Questo meccanismo, che viene definito “virtuoso” da Repubblica degli Stagisti, sembra, in realtà, assai poco trasparente in quanto si basa su un evidente conflitto di interessi ed ha come finalità la ricerca del profitto per la testata giornalistica in questione. E si tratta di profitti non indifferenti. Il bollino “Ok stage” ha un costo annuale variabile da 250 euro a 1000 euro a seconda della dimensione delle imprese che aderiscono all’iniziativa, per cui Repubblica degli stagisti guadagnerebbe una cifra compresa almeno tra 9500-38.000 euro annuali. Quale garanzia può offrire ai propri lettori una testata giornalistica che trae profitto da un’attività che dovrebbe essere, invece, libera e indipendente e senza fini di lucro, rifiutando ogni pubblicità che provenga dalle aziende che lei stessa controlla? Perché le aziende che non versano la quota annuale di adesione non sono segnalate anch’esse come “buone” se sono ugualmente aziende virtuose in materia di stage? Oppure la virtù dell’azienda è tale solo a seguito del versamento della quota a Repubblica degli stagisti?
    Faccio presente, prima che Repubblica degli Stagisti citi come al solito l’articolo contro di me pubblicato sul loro sito web (cosa che fa sempre come se ciò che loro dicono sia il Vangelo) che io sono stata danneggiata dalle calunnie di questa testata giornalistica fino al punto di dover cessare l’attività del mio centro studi, oltretutto senza motivo, dato che io non mi sono mai occupata di stage aziendali ma soltanto di stage seminariali in cui le persone assolutamente non lavorano ma imparano e studiano in un ambiente di lavoro, cosa totalmente diversa. Era doveroso dirlo al fine di sgombrare il campo da ogni equivoco.

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