Lavoro femminile: le donne guadagnano fino al 23% in meno

 Nel nostro Paese, a parità di ruoli, competenze e caratteristiche, le donne continuano ad essere svantaggiate rispetto agli uomini in termini di paga. Sussiste infatti quello che l’Isfol definisce come il gap retributivo di genere che, in media, vede la donna percepire un salario medio orario inferiore del 7,1% rispetto ai colleghi uomini; ma ci sono anche alcune specifiche categorie dove la donna arriva a prendere, malgrado lo stesso ruolo, il 22,9% in meno rispetto al collega maschio. Per la donna, quindi, in Italia non basta avere la stessa preparazione, e svolgere lo stesso ruolo, per percepire una paga in linea con il proprio “compagno di stanza”. Al riguardo l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (Isfol) ha condotto un’indagine, dal titolo “Rompere il cristallo“, con la quale è stato misurato il gap retributivo di genere che tra l’altro cresce sensibilmente sopra la media tra le donne che lavorano a fronte di un basso livello di scolarizzazione.

Italia 2020: albi ed elenchi per babysitter e badanti

 Così come per gli ingegneri, architetti, avvocati, dottori commercialisti e revisori contabili, anche per le badanti e le babysitter, molto presto, sarà obbligatoria l’iscrizione ad appositi albi ed elenchi. Questa novità, finalizzata a contrastare il fenomeno delle collaborazioni come badante e babysitter senza alcuna regolamentazione, spesso in nero, e spesso senza alcuna verifica di requisiti professionali e attitudinali, è stata presentata congiuntamente, martedì scorso, da Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, e da Mara Carfagna, ministro per le Pari opportunità. A gestire l’albo delle badanti e delle babysitter sarà in particolare l’Amministrazione comunale, la quale, quindi, sarà in sostanza, ed in tutto e per tutto, garante delle referenze e dei requisiti di chi punta a svolgere una delle due attività.

Provincia di Milano: Donne, borse lavoro nella ricerca scientifica

 Si è tenuto nella giornata di ieri, lunedì 23 novembre 2009, un importante seminario nel corso del quale, tra l’altro, si è provveduto a presentare a Milano “Donne al lavoro in Ricerca scientifica e Sviluppo tecnologico“, un progetto finalizzato, attraverso l’emissione di un Bando, ad assegnare ben dodici borse di lavoro ad altrettante donne impegnate nei settori della ricerca, ed in particolare nel campo delle biotecnologie, dell’energia e dell’Information and Communication Technology (ICT). “Donne al lavoro in Ricerca scientifica e Sviluppo tecnologico” è un progetto realizzato dalla Provincia di Milano, ed in particolare dall’Assessorato alle attività economiche, formazione e lavoro, e dall’Assessorato alle pari opportunità insieme all’Afol Milano. Ogni borsa lavoro che verrà assegnata ha un valore pari a ben diecimila euro, e garantirà il giusto supporto economico alle ricercatrici per il loro inserimento professionale nelle università e nelle imprese.

Professione casalingo: un vero e proprio esercito

 Se è vero che esistono alcune professioni tipicamente femminili è altrettanto corretto affermare che si sta assistendo ad un progressivo aumento di uomini che si dedica a lavori orginariamente svolti  da donne. Di cosa stiamo parlando? Della professione di casalingo: l’uomo che per scelta o per dovere si prende cura della casa. Secondo i dati dell’Istat nel 2008 in Italia, su un totale di oltre 8 milioni di casalinghe/i, gli uomini sono 49mila. Sempre nel 2008 l’Inail ha assicurato 24.259 uomini; il dato si riferisce alla fascia di uomini di età 18-65 anni e che svolgono lavoro gratuito e non occasionale finalizzato alle cure familiari e domestiche. E’ proprio il caso di dire che in tempi di recessione e crisi i maschi sembrano davvero adeguarsi.

Donne: discriminate sul posto di lavoro?

Secondo voi esistono dei lavori che potremmo definire “tipicamente femminili“? Forse sì. Sono stati compiuti numerosi studi e ricerche. Noi vi vogliamo parlare in particolare di una ricerca compiuta da Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione dei Lavoratori).

Lo studio comincia prendendo in esame due diverse ipotesi. La prima, che si riferisce alla cosiddetta crowding hypothesis (ed è stata coniata da Bergmann nel 1974) afferma che sarebbero gli stessi datori di lavoro ad escludere le donne da particolari professioni , quelle maschili. Questo porta ad un affollamento delle donne lavoratrici in altre occupazioni, chiamate occupazioni femminili. L’offerta di forza lavoro femminile verso queste occupazioni aumenta con la spiacevole conseguenza della diminuzione dei salari.