
Forse questa è l’unica soluzione per uscire da una situazione di costante precarietà, o almeno è questo il suggerimento di Pietro Ichino, parlamentare e giurista, che ha proposto la sua ricetta: un nuovo contratto che cerca di coniugare due aspetti che fino a ieri erano inconciliabili, ovvero flessibilità e sicurezza.
L’idea è semplice: sostituire i contratti precari con un unico contratto a tempo determinato ma con meno garanzie in termini occupazionali: le aziende disporrebbero di maggiore scelta in fatto di licenziamento contro maggiori tutele per il lavoratore in termini previdenziali.
L’articolo 2 del testo del decreto sui lavori usuranti, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 28 gennaio con parere favorevole anche della Conferenza Stato -Regioni e delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato, fissa le modalità al fine di accertare i requisiti soggettivi, ovvero la tipologia di attività, e oggettivi, ovvero la durata dell’attività, del lavoratore per usufruire del beneficio previdenziale riservato per chi svolge lavoro usurante.
L’Inps, con circolare n. 58 del 28 marzo 2011, in applicazione degli articoli 1 e 1-bis della legge 18 ottobre 2001 n. 383 (norme per incentivare l’emersione dei rapporti di lavoro intrattenuti con violazione delle disposizioni fiscali e previdenziali), illustra le modalità di regolarizzazione della posizioni previdenziali dei lavoratori che hanno aderito a programmi di emersione da lavoro non regolare. L’Istituto previdenziale, come ha precisato nella circolare n. 58, ricorda che la legge 18 ottobre 2001 n. 383, in vigore dal 25 ottobre 2001, agli articoli 1 e 1–bis, reca norme per incentivare l’emersione dei rapporti di lavoro intrattenuti con violazione delle disposizioni fiscali e previdenziali e il riferimento è stato illustrato dall’Inps attraverso la circolare n. 148 del 6 settembre 2002.
Il sindacato dei pensionati della