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Il fenomeno dei contratti pirata nel mondo del lavoro in Italia

L’Italia si trova ad affrontare una crescente emergenza legata al lavoro povero, una realtà che sta diventando la norma per molti, anziché un’eccezione in merito ai contratti pirata. Sempre più lavoratori lottano per salari che non bastano a coprire le esigenze fondamentali della vita. Il settore dei servizi, che impiega quasi il 70% dei lavoratori italiani e vede una prevalenza femminile (51,7%), è particolarmente colpito.

contratti pirata

Cosa sappiamo sui contratti pirata oggi

Qui, i contratti precari costituiscono il 33% del totale, toccando quasi il 50% nella ristorazione, minando la prospettiva di una vita dignitosa. Un aspetto critico è la presenza di una vasta “zona grigia” nel terziario, dove il tasso di copertura contrattuale scende sotto l’80%. Questo significa che quasi 2 milioni di lavoratori non hanno chiaro quale CCNL li tuteli, lasciandoli privi di adeguate protezioni legali e con diritti sospesi. La Uiltucs, sindacato del terziario, ha recentemente evidenziato questi dati preoccupanti.

Nel 2023, oltre 5 milioni di persone erano impiegate con contratti a termine, un dato significativamente più alto rispetto ad altri settori. La precarietà è più diffusa tra le donne (34,7%), i giovani (46,7% tra gli under 35) e nelle regioni del Sud (38,5% di atipici). Settori come l’alloggio (72,7%) e la ristorazione (49,7%) mostrano un’incidenza elevatissima di contratti atipici.

Tra il 2015 e il 2023, la crescita occupazionale complessiva (+24,3%) è stata trainata quasi esclusivamente dai lavoratori a termine (+70,2%) e dagli stagionali (+78,8%), mentre i contratti stabili hanno contribuito solo per un esiguo +9,5%. Ma il problema non è solo il tipo di contratto; è anche il salario. Il valore reale delle retribuzioni nel terziario è crollato del 9% dal 2015, con una media annua di soli 21.021 euro nel 2023, evidenziando una significativa perdita di potere d’acquisto.

Settori come la vigilanza (-16,9%) e la ristorazione (-9,5%) hanno subito le flessioni maggiori. I lavoratori stabili nella ristorazione guadagnano solo circa 10.000 euro lordi all’anno, mentre quelli a termine si fermano a 5.500 euro. I circa 600.000 part-time involontari nel settore dei servizi non raggiungono nemmeno i 12.000 euro lordi annui. Questa disparità è ancora più marcata per le donne precarie, che guadagnano in media 9.212 euro lordi all’anno contro i 10.785 degli uomini.

A complicare il quadro ci sono i contratti pirata, che generano enormi disparità salariali tra lavoratori con le stesse mansioni ma con tutele legali inferiori. Le differenze possono superare i 7.000 euro all’anno. Per affrontare questa crisi, la Uiltucs ha lanciato la “Proposta 25-50-100”, che mira a contrastare la povertà salariale aumentando il part-time minimo a 25 ore, prevedendo una paga maggiorata del 50% per le domeniche e del 100% per i giorni festivi. La sfida principale è combattere la pirateria contrattuale, imponendo alle aziende di dichiarare esplicitamente il CCNL applicato.

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