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Lavoro, il rientro della lavoratrice dipendente

L’articolo 2 del decreto legislativo per il riordino dei congedi, aspettative e permessi predisposto dal governo incide sulle disposizioni inerenti agli aspetti di flessibilità sul congedo di maternità influendo sui criteri previsti, come tra l’altro il 3 e il 4, sugli articoli 20, 33 e 42 del decreto legislativo n.151/01 sul Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.

A questo proposito l’articolo 2 interviene direttamente sul disposto dell’articolo 20 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di flessibilità del congedo di maternità.

Al comma 1, già presente, si aggiunge il comma 1bis prevedendo l’ipotesi di rientro nell’ambiente di lavoro nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, o in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità.

In questo modo la lavoratrice può riprendere l’attività lavorativa in ogni momento con un preavviso di 10 giorni al datore di lavoro previo l’assenso del medico specialista del Servizio sanitario Nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, se tale scelta non è pregiudizievole per la sua salute.

In sostanza, occorre munirsi di un doppio certificato: uno prodotto dal medico competente e l’altro dal medico specialista in regime di convenzione o come dipendente diretto del Servizio Sanitario Nazionale.

La norma attuale integra il testo di riferimento che, lo ricordiamo, prevede ancora la possibilità per, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità (cinque mesi), la lavoratrice di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente (anziché dal secondo mese precedente) la data presunta del parto e nei quattro (anziché tre) mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

Nulla cambia in merito al comma 2 dove rimane la facoltà del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce con proprio decreto l’elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni evidenziate.

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