Uso degli incentivi per associarsi in cooperativa

Il decreto 78/09, convertito e modificato dalla legge  102/09, offre diversi incentivi ai lavoratori destinatari di trattamenti di sostegno del reddito che intendano avviare un’attività di lavoro autonomo o in cooperativa.

In effetti, grazie alle modifiche introdotte dal decreto, l’incentivo può essere corrisposto, in un’unica soluzione e previe dimissioni dall’impresa da cui è dipendente, al lavoratore che faccia richiesta di intraprendere un’attività autonoma, anche di micro-impresa, o finalizzata ad una associazione in cooperativa.

Non solo, ne possono usufruire i lavoratori già percettori di cassa integrazione ordinaria o straordinaria che intendano mettersi in proprio presentando la lettera di dimissioni. Questi lavoratori possono percepire le mensilità deliberate ma non ancora percepite e in presenza di un’anzianità aziendale di almeno dodici mesi di cui sei effettivamente lavorati potranno godere del trattamento di mobilità per un numero massimo di dodici mesi.

Dimissioni volontarie? Nessuna indennità di disoccupazione

L’Inps con messaggio n. 16825/2010 ha chiarito che l’indennità di disoccupazione non spetta al lavoratore che si dimette volontariamente, così come prevede la Legge n. 448 del 1998.

Secondo l’articolo 34 l’indennità di disoccupazione per dimissioni volontarie non comporta nessun obbligo per l’istituto previdenziale.

In effetti, il contenuto della legge è abbastanza chiaro perchè stabilisce che la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni intervenuta con decorrenza successiva al 31 dicembre 1998 non dà titolo alla concessione della indennità di disoccupazione ordinaria, agricola e non agricola, con requisiti normali di cui al regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155, e successive modificazioni e integrazioni, e con requisiti ridotti di cui al decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni e integrazioni.

Le dimissioni annullate per confusione mentale

 Le dimissioni possono essere annullate se il lavoratore, sebbene non interdetto, provi di essere stato in uno stato, anche transitorio, di incapacità di intendere e di volere.

Lo ho stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8886 del 14 aprile che ha applicato i criteri stabiliti dall’articolo 428 del codice civile.

Infatti, la Suprema Corte ha ribadito che in caso di dimissioni date dal lavoratore che si trovi in uno stato di incapacità naturale, il diritto di riprendere il lavoro nasce con la sentenza di annullamento ex articolo 428 c.p.c., i cui effetti retroagiscono al momento della domanda, stante il principio secondo il quale la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vincitrice. Solo da quel momento nasce il diritto alla retribuzione.

Le dimissioni annullabili

Le dimissioni possono essere annullate per vizi della volontà e per incapacità di intendere e di volere. In effetti, alle dimissioni, quale negozio unilaterale recettizio, sono applicabili, in quanto compatibili, gli articoli 1427 e seguenti e l’articolo 428 del codice civile.

In sostanza, secondo l’articolo 1324 e salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale.

Donne in maternità: lavoro e vita familiare, un binomio difficile

 Nel nostro Paese la vita non è facile per le donne che vogliono conciliare il lavoro con la famiglia, e spesso quando c’è di mezzo la nascita di un figlio le cose si complicano ancora di più. E’ emblematico il caso di Stefania Boleso, ex lavoratrice alla Red Bull in qualità di responsabile marketing; fatale è stata proprio la maternità, una delle cause principali per cui nel nostro Paese le donne lasciano o sono costrette a lasciare il posto di lavoro. Dopo dieci anni alla Red Bull, ed a seguito del taglio della sua posizione in azienda, per ottimizzare i costi, nel settembre scorso alla lavoratrice è stato tolto un ruolo che ricopriva da anni; Stefania Boleso è stata così relegata ad incarichi inferiori, lontana, anche a livello logistico, da quelle dinamiche lavorative che hanno contribuito a rendere la Red Bull la società che è diventata. E così questa storia, riportata dal Corriere della Sera, è finita con la lavoratrice che, al rientro dalla maternità, ha dovuto gettare la spugna anche a causa di insoddisfazione che ha causato, tra l’altro, una sensibile perdita di peso.

Lavoro e Internet: basta la posta elettronica per perdere il posto

 In passato Internet, un po’ ovunque nel mondo, è stato utilizzato dai lavoratori molto spesso a proprio uso e consumo, ovverosia per scopi personali e con finalità assolutamente estranee all’azienda. Chi giocava a poker online nelle ore più “calde” dell’attività d’impresa, chi controllava i prezzi delle azioni in Borsa comprate il giorno prima, e chi visitava siti per adulti. Al giorno d’oggi c’è ancora chi questo utilizzo lo fa a proprio rischio e pericolo, o se lo può permettere magari perché è il capo e nessuno può dire o si permetterebbe di dire qualcosa, ma con l’avvento dei social network è scattato una sorta di allarme planetario che ha portato a “blindare” le reti aziendali sia attraverso dei filtri, sia attraverso una tracciatura ed una mappatura della navigazione in rete di tutti i dipendenti. E se molto spesso Internet è utile, è uno strumento strategico per trovare lavoro, allo stesso modo la Rete può farci perdere il posto; insomma, a volte chi di Internet colpisce di Internet perisce.

Quando termina un rapporto di lavoro?

Bisogna distinguere tra un rapporto di lavoro a tempo determinato che può estinguersi principalmente per due motivi:

– scadenza naturale del termine

– compimento del lavoro

e un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che invece può cessare per

– accordo di entrambe le parti

– recesso unilaterale, ossia licenziamento oppure dimissioni