Libera professione, parte la segnalazione certificata di inizio attività

La recente manovra correttiva alla legge finanziaria prevede una importante novità che sostituisce integralmente la disciplina della dichiarazione di inizio attività contenuta nel previgente articolo 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241.

In effetti, l’articolo 49, comma 4 – bis del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 e convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, introduce e disciplina la segnalazione certificata di inizio attività (Scia) sostituendola con la dichiarazione di inizio attività, o DIA.

L’articolo 19 della L. 241/1990 aveva previsto il meccanismo della Dichiarazione di inizio attività con la quale, in luogo dell’autorizzazione, l’interessato poteva produrre un’autodenuncia di inizio attività, rispetto alla quale l’amministrazione doveva effettuare i suoi controlli autoritativi entro un termine certo.

Libera professione, nessuna tassa di iscrizione per i praticanti legali

Buone notizie per i praticanti legali: non è dovuta la tassa sulle concessioni governative per l’iscrizione al primo anno nell’apposito registro dei praticanti.

Il R.D.L. del 27 novembre 1933 n. 1578, convertito con modificazioni dalla legge 22 gennaio 1934 n. 36, prevede che i laureati in giurisprudenza, che svolgono la pratica, sono iscritti, a domanda e previa certificazione del procuratore di cui frequentano lo studio, in un registro speciale tenuto dal consiglio dell’ordine degli avvocati e dei procuratori presso il tribunale nel cui circondario hanno la residenza, e sono sottoposti al potere disciplinare del consiglio stesso.

I praticanti procuratori, dopo un anno dalla iscrizione nel registro sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali del distretto nel quale è compreso l’ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della legge 16 luglio 1997 n. 254, rientravano nelle competenze del pretore.

La libera professione in Europa

L’Italia ha recepito la direttiva servizi attraverso il decreto 59/10.

La finalità della direttiva è quella di agevolare la libertà di stabilimento sul territorio nazionale di liberi professionisti provenienti da uno Stato membro dell’Unione Europea attraverso un quadro normativo favorevole allo svolgimento di una delle attività libero professionale che il nostro ordinamento prevede.

In modo particolare può essere opportuno porre l’accento su due articoli di estremo interesse, l’articolo 45 e 46. Questi due riferimenti normativi permettono ai liberi professionisti di esercitare la propria attività senza aspettare il nulla osta ministeriale ma sulla base della qualifica ottenuta nel Paese di provenienza.

Il libero professionista e il congedo di paternità

La Corte Costituzionale non ha lasciato ombre: il padre che esercita la libera professione non può usufruire dell’indennità di maternità in luogo della madre.

In questo modo, la Suprema corte ha ritenuto non ammissibile la questione di costituzionalità sollevata dalla Corte di Appello di Firenze e di Venezia in merito ad un dubbio interpretativo dell’articolo 70 del decreto 151/2001.

In effetti, secondo la formulazione della norma non si prevede il diritto del padre che esercita una libera professione a percepire l’indennità di maternità al posto della madre.

Esenzione studi di settore alle lavoratrici libere professioniste in maternità

È stata presentata una proposta di legge alla Camera dei Deputati di iniziativa del deputato Mosca in materia di applicazione degli studi di settore alle lavoratrici libere professioniste in caso di maternità.

Premesso che gli studi di settore possono essere definiti come un metodo a base statistica per il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dell’attività di ogni impresa o professionista.

Grazie a questo meccanismo è possibile fotografare il giro d’affari presumibile di commercianti, artigiani e professionisti e ne stabiliscono l’imponibile fiscale.

Professioni intellettuali, il diploma non basta più

Con la riforma degli istituti tecnici il ministero delle Giustizia ha ribadito che servirà un ulteriore percorso di studio per esercitare una professionale intellettuale. In sostanza, come indicato dall’Unione Europea con una propria direttiva, servirà almeno una formazione triennale dopo il ciclo di studi secondario superiore, per esercitare una libera professione.

A questo scopo sono stati modificati i regolamenti di riordino degli istituti tecnici e professionali di cui all’articolo 64, comma 4, del decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, emanati dal presidente della Repubblica il 15 marzo 2010, hanno ridenominato i titoli finali di studio degli istituti tecnici e professionali come diplomi di “istruzione tecnica” e diplomi di “istruzione professionale” con l’indicazione dei relativi indirizzi.

Posta elettronica certificata, un obbligo per chi lavora

 Entro fine novembre tutti gli iscritti ad un ordine professionale sono obbligati a dotarsi di una casella postale certificata (PEC) per dialogare con la pubblica amministrazione. L’obbligo è valido anche per le nuove imprese. Ricordiamo che il messaggio di posta elettronica certificata ha il valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno.

È questa l’interpretazione della gran parte degli ordini e collegi professionali anche se da più parti si ritiene che l’obbligo vige solo per i professionisti, vale a dire per chi svolge la libera professione. Infatti, secondo il comma 7 dall’art. 16 della legge 2/2009 i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato devono comunicare ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica di cui al comma 6 entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto.