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Chiarimenti sul lavoro a progetto nei call center

 Dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro arriva una circolare che chiarisce alcune questioni legate alla legge n. 92/2012 entrata in vigore lo scorso 18 luglio 2012. Infatti, ha modificato il contratto di lavoro a progetto rielaborando i requisiti necessari per una sua corretta stipulazione.

In particolare, una questione che è destinata ad incidere profondamente in questo particolare contratto la possiamo trovare nell’articolo 1, comma 23, che riscrive l’articolo 61, comma 1 del decreto legislativo n.276/2003 secondo cui

Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale

La Fondazione Studi pone in evidenza che questa nuova disposizione legislativa trova una particolare applicazione nella aziende di call center in cui si registra un utilizzo rilevante del contratto a progetto, soprattutto in out bound.

Le nuove indicazioni potrebbero bloccare i lavori a progetto in queste aziende perché, così come ha posto in evidenza la legge, i nuovi requisiti relativi alla non esecutività e ripetitività delle prestazioni, e le modalità di lavoro di un operatore di call center si scontrano, in sostanza, con i rapporto di lavoro.

Infatti, sempre per la fondazione, il decreto legge 22 giugno 2012 n° 83, così come modificato e convertito in Legge 7 agosto 2012 n° 134 il quale all’articolo 24-bis), comma 7 stabilisce che all’articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, dopo le parole

rappresentanti di commercio

sono inserite le seguenti:

nonché delle attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center ‘out bound’ per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento

In questo contesto, il  Ministero del Lavoro, attraverso la circolare n° 17 del 14 giugno 2006, ha fornito una descrizione delle attività svolte in “out bound”. Per il Ministero il compito assegnato al collaboratore è quello di rendersi attivo nel contattare, per un arco di tempo predeterminato, l’utenza di un prodotto o servizio riconducibile ad un singolo committente.

Sempre per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la differenza tra serviziout bound e in bound è, di fatto, ilcomportamento attivo del lavoratore che da solo è sufficiente a qualificare la prestazione come obbligazione di risultato e non come obbligazione di mezzi.

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