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La crisi nell’edilizia con 7500 fallimenti

 In tre anni siamo arrivati a quota 7552 su un totale di 33000, tanto che l’Associazione dei costruttori edili lancia l’allarme denunciando che il 23% dei fallimenti avvenuti in Italia riguardano imprese di costruzioni, nel primo trimestre del 2012 si registra un ulteriore aumento delle procedure fallimentari con un aumento dell’8,4% rispetto al primo trimestre dell’anno scorso. I dati diffusi dalla CISL attraverso le pagine del suo quotidiano denunciano che l’area più colpita è quella del Sud e delle isole: tra il 2009 e il 2011 ha infatti subito un aumento del 40% del numero di imprese di costruzioni entrate in procedura fallimentare.

Questi dati regionali pongono in evidenza un aumento dei fallimenti superiori al 40% in Liguria, emilia Romagna, Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna. A questo proposito il presidente dell’associazione dei costruttori, Paolo Buzzetti, denuncia una mancanza di una vera politica che possa dare risposte al settore già duramente colpito: il dimezzamento degli investimenti, la pressione fiscale (vicina al 54,5% del pil) e il crollo dei mutui immobiliari, diminuiti del 60% nell’ultimo anno.

Non solo, anche i ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, la cui causa principale  è il patto di stabilità degli enti locali che nel triennio 2012-2014 bloccherà investimenti per 32 miliardi di euro. L’Ance, in particolare, è pronta ad azioni legali contro lo Stato per i ritardi dei pagamenti dovuti dalla Pubblica Amministrazione: le imprese di costruzioni aspettano, in media, otto mesi per ricevere i pagamenti dovuti dalla P.A, con punte che superano i due anni.

Per il segretario nazionale della Filca-Cisl, Franco Turri,

La pubblica amministrazione deve alle imprese edili 19 miliardi di euro per lavori già eseguiti. È un dato abominevole e inaccettabile, anche perché il 30% circa di questa cifra, quella destinata al costo del lavoro, è negata ai lavoratori stessi. Si tratta di 6-7 miliardi di euro, una cifra impressionante anche se la volessimo considerare al netto di tasse contributi. E inoltre parliamo di somme che il lavoratore impiegherebbe subito per fare acquisti soprattutto di prima necessità, a tutto vantaggio dell’economia

Non solo, per il massimp esponente nazionale della Filca CISL

Questa situazione determina conseguenze drammatiche: si moltiplicano, infatti, i casi di aziende sane e corrette costrette, per mancanza di liquidità, a licenziare i propri dipendenti ed interrompere lavori in corso d’opera. Ebbene, quelle stesse aziende risultano creditrici anche di somme molto alte nei confronti di Agenzia delle entrate, Comuni, Province, Regioni, Asl, ecc. Secondo gli ultimi dati diffusi un’azienda edile su dieci non è attualmente in grado di assicurare il pagamento dei propri dipendenti. Noi ripetiamo quanto asseriamo da tempo: bisogna recepire quanto prima la Direttiva europea che impone il rispetto dei tempi di pagamento effettuati dalle aziende pubbliche, prima che il sistema scoppi

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