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La Fiat di Mirafiori e la sconfitta della politica

Non esiste un vero vincitore nella disputa sul nuovo contratto di lavoro ma solo vinti.

Non ha vinto la Fiat perché è facile vincere imponendo un contratto con nessuna vera e plausibile alternativa, ma solo paventando una minaccia sicura sul tessuto sociale e umano dei propri lavoratori.

L’accordo di Mirafiori non può essere considerato un vero contratto di lavoro poiché mira solo a ridurre i diritti dei lavoratori senza nessuna reale concessione: più soldi? Sì, è vero, ma ci mancherebbe, a Mirafiori si sono chiesti un aumento dei carichi di lavoro e degli straordinari e una rinuncia ad esercitare il diritto di sciopero.

Non hanno vinto i lavoratori che si sono visti al centro di una disputa politica dove l’attore principale era assente: lo Stato. I lavoratori di Mirafiori che hanno dovuto accettare nuove condizioni di lavoro in nome di una piena occupazione allo scopo di continuare a garantire reddito alle proprie famiglie.

Se qui c’è un vero sconfitto questo è la politica.

Le istituzioni non hanno svolto un ruolo incisivo e determinante lasciando i lavoratori e, perché no, anche il datore di lavoro da soli: l’uno contro l’altro.

E si sa, in uno scontro diretto è il più forte che impone le proprie condizioni.

Il nostro sistema politico non ha saputo tradurre in istanze quelle richieste e quei bisogni espressi dalla direzione della Fiat e dei lavoratori.

Occorreva, con molta probabilità, organizzare un tavolo di confronto con la presenza di tutte le rappresentanze: datore di lavoro, lavoratori e istituzioni.

Un momento che doveva stabilire precisi impegni da parte di tutti ma anche con punti indiscutibili.

È vero, la Fiat di Marchionne ha la necessità di ottenere un nuovo contratto, ma su questo percorso ci si doveva muovere in modo coordinato.

Da una parte lo Stato doveva assumersi le proprie responsabilità e proporre, integrando quello della Fiat, il proprio piano industriale dell’auto. Lo stato doveva, ad esempio, assicurare un coinvolgimento delle Università magari con progetti di ricerca finalizzati verso il settore auto, oppure definire delle esenzioni su alcuni, magari locali quali l’ICI o la raccolta dei rifiuti, per un periodo di tempo limitato.

Lo stato doveva anche imporre la formazione di un comitato tecnico dell’auto per controllare l’applicazione del nuovo accordo con la partecipazione di tutto gli attori sociali coinvolti.

Dall’altra parte il management Fiat doveva ridistribuire il carico di impegni chiesti alle proprie maestranze, dall’operaio al quadro, con un diretto coinvolgimento della dirigenza riducendo, ad esempio, del 20% l’ammontare dei loro contratti per un periodo determinato.

Non solo, il management Fiat doveva anche definire in modo schematico e analitico il suo piano di investimenti con precise sanzioni per le inadempienze.

E i lavoratori? Così, a fronte di tutto questo, si poteva chiedere ai sindacati di firmare il nuovo contratto di Mirafiori ma salvaguardando alcuni diritti non negoziabili come la rappresentanza e il diritto di sciopero.

Certo, l’esito del referendum è amaro poiché dimostra che a fare il piano industriale è solo il lavoratore e il suo stipendio.

Ai lavoratori potevano essere fatte maggiori concessioni visto che il peso di tutto è sulle loro spalle.

2 commenti su “La Fiat di Mirafiori e la sconfitta della politica”

  1. “se c’e’ un vero sconfitto questo e’ la politica” ma che vuol dire??? Ma questo e’ un vero articolo scritto da un giornalista vero? Privo di contenuto, scontato, banale nelle conclusioni. Un articolo inutile, tanto quanto la “politica” a cui fa riferimento. Una politica dissociata dalla realta’, dalle leggi dell’ economia, una politica narcisista che non ha alcuna ragione di esistere se non quella di prolungare un dibattito senza fine e senza obiettivo tra politici, commissioni speciali, opposizione, sindacati, giornalisti. Se questa famosa politica riuscisse veramente a FARE invece di PARLARE solo, i numerosi suddetti non avrebbero ragione di esistere e starebbero per strada…e se anche offrissero di lavorare 10 ore al giorno un lavoro non lo troverebbero in quanto incapaci e pertanto INUTILI.

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    • Onestamente le sue osservazioni sembrano uno sfogo dettato dal cuore…
      Personalmente cerco di non fare mai osservazioni di carattere personale o sul contenuto che può esprirme l’uno o l’altro …

      Premesso che non mi interessano le critiche soggettive ma quelle che possiamo far rientrare in un campo oggettivo e le sue osservazioni sul compartamento dei nostri politici rispecchiano il sentire della maggior parte della popolazione.

      In realtà, quello che è mancato è il senso dello Stato che ogni politico dovrebbe avere e, qui, in questo accordo,
      ognuno ha fatto la sua parte, ma non lo Stato.

      Richiamare ad ognuno il proprio ruolo istituzionale non è mai tempo sprecato o inutile ..e, poi, quando esiste un problema o una necessità, è sempre meglio discutere per far sentire le proprie ragioni.

      Sicuramente, e lo ripeto, in questo accordo non tutti hanno fatto la loro parte: dal management Fiat alle istituzioni…

      Il management ha scaricato sui propri dipendenti, dall’operaio al quadro, la responsabilità di tutto e Sergio Marchionne non ha imposto ai propri collaboratori diretti la stessa cura, magari chiedendo, anche per ragioni di responsabilità, una riduzione dei loro ingaggi.

      In realtà, e lo ripeto, lo Stato non ha saputo dare risposte precise ai due schieramenti attraverso una serie politica industriale. Una politica che non deve trascurare, ad esempio, la ricerca, in modo particolare quella automobilistica.
      Di sicuro ognuno non deve sottrarsi alle proprie resonsabilità, così anche lo Stato chiamato ad un difficile ruolo anche per i contenuti della nostra Carta Costituzionale.
      Capisco anche le ragioni di chi ha firmato, personalmente mi sono trovato in una situazione simile nei primi anni ’80 sul delicato argomento della scala mobile.

      In questo contesto Marchionne voleva portare a casa un accordo economicamente vantaggioso, il sindacato, o almeno chi ha firmato, è riuscita a salvare il salvabile: le due parti hanno svolto il loro ruolo sociale.

      Per il resto preferisco non entrare sulle differenti posizioni sindacali, di sicuro Susanna Camusso ora si trova in una
      posizione delicata.

      In realtà, servirebbe da parte di tutti, maggiore senso dello Stato e un rispetto più profondo per i diritti sociali, così come ho cercato di dire.

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