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Lavorare in Svizzera – Cosa cambia per i frontalieri dopo il referendum

 Ha fatto molto discutere in questi giorni l’iniziativa presa dalla Svizzera che ha deciso, dopo diversi mesi di contrattazioni, di rivedere attraverso un referendum le proprie politiche relative all’immigrazione. A proporre il referendum è stato ufficialmente il partito nazionalista di centro Udc, ma già da tempo un certo malcontento sembrava serpeggiare nella nazione in merito all’andamento del mercato del lavoro elvetico. 

I cittadini svizzeri, infatti, hanno cominciato ad avvertire come troppo numerosi gli immigrati e i frontalieri che dalle nazioni confinanti si recavano in Svizzera in cerca di lavoro e per questo motivo hanno appoggiato la scelta del referendum popolare, che ha avuto esito positivo sulla base della scelta di una maggioranza di elettori.

Lavorare nella Svizzera italiana

Il voto del referendum si è in particolare opposto alla libera circolazione sancita da tempo dai trattati sussistenti con la stessa Unione Europea. Cosa cambia, quindi, ora, all’indomani del voto, per tutti i cittadini che desiderano recarsi a lavorare in Svizzera da altre nazioni, sia come residenti che come frontalieri?

Lavorare in Svizzera

L’esito del referendum popolare elvetico contro l’immigrazione di massa non avrà conseguenze proprio immediate, ma i suoi effetti potranno farsi sentire più avanti per tutti i lavoratori provenienti dall’Unione Europea, italiani compresi. Il Governo svizzero, infatti, che insieme ad altre realtà della nazione – Parlamento, sindacati e associazioni delle imprese – si era espresso contro l’iniziativa, sarà comunque ora costretto a rivedere insieme all’Europa le proprie disposizioni in materia di immigrazione.

Dal canto suo anche Bruxelles dovrà decidere se ridiscutere con la Svizzera solo gli accordi inerenti la libera circolazione dei lavoratori o anche tutti gli aspetti relativi ai trattati bilaterali di natura economica firmati in precedenza. Tra gli intenti del referendum e dell’Udc ci sarebbe quello di reintrodurre il meccanismo dei contingenti annuali per i lavoratori stranieri e di impedire l’afflusso di massa e la libera circolazione anche da parte dei cittadini Ue.

Ora, tuttavia, il governo svizzero e Bruxelles hanno circa tre anni di tempo per decidere se applicare o meno i meccanismi del tetto massimo all’immigrazione. Nel frattempo la principale delle associazioni delle imprese svizzere, Economiesuisse, ha chiesto ad Udc di emanare un pacchetto di proposte concrete per dare libero corso a questa espressione popolare. Quello che sembra certo, tuttavia, è che almeno in questa prima fase di transizione le aziende hanno dato la loro disponibilità ad assumere in via preferenziale i cittadini elvetici e gli stranieri già residenti.

Proprio nella Svizzera italiana, in Canton Ticino, i sì dei cittadini elvetici hanno fatto registrare un’alta maggioranza nel voto del referendum. Questi ultimi hanno chiesto di limitare il numero dei frontalieri che si recano a lavorare nel cantone, dal momento che i lavoratori stranieri sono già circa 60 mila. L’esito delle trattative potrebbe generare restrizioni anche in merito al futuro ingresso dei frontalieri nei cantoni svizzeri.

Questa operazione di revisione dei trattati con l’Unione Europea, tuttavia, potrebbe avere una ripercussione anche sul fronte opposto, ovvero in merito ai cittadini svizzeri che si recano a lavorare in altre città e nazioni dell’Unione Europea.

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