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L’Unione Europea chiede misure per il lavoro determinato

 Non buone notizie dagli organismi comunitari; infatti, la Commissione europea ha chiesto ufficialmente all’Italia di applicare la direttiva sul lavoro a tempo determinato, siglata come 1999/70/CE. La Direttiva comunitaria obbliga tutti gli Stati membri a porre in atto l’accordo quadro sottoscritto dalle organizzazioni europee che rappresentano sindacati e datori di lavoro; in particolare,  nella Direttiva sono presenti i principi generali e i requisiti minimi applicabili ai lavoratori con contratto a tempo determinato.

Secondo le indicazioni in sede europea, il nostro Paese ha due mesi di tempo per notificare alla Commissione le misure adottate per dare piena attuazione alla direttiva, e in caso contrario la Commissione può decidere di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia europea.

La Direttiva contiene principi di estrema importanza da un punto di vista, ad esempio, sindacale; infatti, nel documento è contenuta una disposizione assoluta che impone di prendere in considerazione i lavoratori con contratto a tempo determinato in sede di calcolo della soglia a partire dalla quale, ai sensi delle disposizioni nazionali, devono costituirsi gli organi di rappresentanza dei lavoratori.

Il principio si scontra con il sistema italiano perché, nel nostro Paese, sono presenti sistemi più rigidi e favorevoli al datore di lavoro; infatti, in questo particolare contesto, per essere conteggiati in sede di calcolo della soglia minima, è necessario che il contratto di lavoro deve essere superiore a nove mesi.

Non solo, in fatto di riconoscimento delle patologie psichiche correlate al lavoro, uno studio di Eurogip cerca di fare il punto della situazione ponendo in evidenza la situazione in diversi Paesi europei.

Infatti, in base allo studio svolto si scopre che la fattispecie di riconoscimento dell’origine professionale  più semplice è quella in cui la patologia è presente nelle tabelle delle malattie professionali: in questo modo, si beneficia di una presunzione di origine professionale . È opportuno però precisare che la presunzione è direttamente relazionabile con le normative di ogni singolo Stato membro.

Pare anche necessario mettere in evidenza che solo la Danimarca ha inserito nel 2005 il “disturbo post-traumatico da stress” all’interno della tabella nazionale delle malattie professionali.

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