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Nuove regole assunzione docenti e ricercatori universitari

 Novità in vista per i docenti e i ricercatori universitari, tali o aspiranti. Il settore sta infatti per vivere una nuova variazione delle regole, dopo che nel corso degli ultimi tre anni il corpo docente – ricercatore è calato già di oltre 10 punti percentuali, passando dai quasi 63 mila del 2009, ai poco più di 56 mila durante il 2012.

La novità è contenuta nel decreto legislativo 437/12, contenente la nuova disciplina per la programmazione, il monitoraggio, la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei, che andrà visto in sinergia con le previsioni del settore. Stando ai numeri dello stesso Ministero, infatti, come rielaborati dal Cun, nel 2018 il corpo docente scenderà a poco meno di 45 mila unità, il 30% del picco ottenuto nel 2009.

Il decreto prevede infatti la revisione del limite di spesa a cui è legata la possibilità – per i singoli atenei – di poter effettuare nuove assunzioni, attraverso criteri che paio sicuramente più stringenti. Il calcolo delle risorse che l’università potrà utilizzare è infatti basato su due indicatori: il primo è relativo al rapporto tra le spese di personale e le entrate, che comprendono anche le tasse studentesche; il secondo è invece relativo alla percentuale di indebitamento.

Il nuovo meccanismo prenderà il posto dell’attuale regola del 90% come rapporto tra spese di personale e fondo di finanziamento ordinario, che di fatto blocca oggi qualsiasi tipo di assunzione negli atenei che superano  tale proporzione. La nuova norma, pur allargarndo la base di calcolo sulle entrate certe degli atenei (non si limita all’assegno statale, ma comprende anche le tasse), prevede tuttavia vincoli scaglionati e più vincolanti al crescere dell’incidenza degli stipendi.

Insomma, il rischio è che una norma che tende a premiare le università migliori sotto il profilo del rapporto spese-entrate, possa poi alla lunga risultare parzialmente nocivo: le regole varranno infatti solo per i prossimi tre anni, non permettendo agli atenei di effettuare operazioni di maggior respiro delle quali, secondo quanto afferma Paolo Rossi, rappresentante del Cun, avrebbero bisogno.

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