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Proposta di legge per regolare la flessibilità

È stato presentato un progetto di legge alla Camera da Benedetto della Vedova e Enzo Raisi insieme ad altri parlamentari con l’obiettivo di tentare di arginare ad una flessibilità eccessiva senza regole e prospettive reali per i giovani.

L’idea dei presentatori è di offrire ai giovani, anche di prima occupazione, un sistema di ammortizzatori sociali di tipo innovativo.

Secondo la proposta il governo dovrà esercitare la delega conferita dalla legge al fine di regolare i rapporti di lavoro dipendente introducendo un meccanismo di regolazione dei flussi e dei diritti. In effetti, secondo il contenuto della proposta i rapporti di lavoro di tipo dipendente saranno sostituti da un contratto di lavoro a tempo indeterminato a tempo pieno o a tempo parziale, sostitutivo di tutte le formule contrattuali di tipo flessibile.

Gli estensori della proposta escludono al momento come destinatari della proposta tutti i contratti di inserimento e di apprendistato così come quelli di tipo stagionale. Non solo, come si è più volte ribadito, la proposta di Benedetto della Vedova e di Enzo Raisi non riguarda quei lavoratori coinvolti in attività di sostituzione o di ricerca scientifica e insegnamento o quelle dettate da esigenze di carattere occasionale o straordinario.

La proposta fissa una soglia minima di 40,000 euro per tutti i tipi di contratti di collaborazione a progetto così come definiti dal decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276.

Questo particolare contratto è estremamente flessibile con ampie possibilità di licenziamento con il solo reintegro obbligatorio in caso di licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo per cause legate alla razza, al sesso, alla nazionalità o alla provenienza regionale, all’origine etnica, alla religione, all’attività, all’opinione o all’appartenenza politica o sindacale, all’età e all’orientamento sessuale.

Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro un’indennità pari ad almeno quindici mensilità di retribuzione globale di fatto.

Il datore di lavoro dovrà corrispondere un’indennità di licenziamento al lavoratore alla cessazione del rapporto conseguente a licenziamento non disciplinare, pari almeno a tanti dodicesimi della retribuzione lorda complessivamente goduta nell’ultimo anno di lavoro quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio in azienda, computandosi anche gli eventuali contratti tra le stesse parti che abbiano preceduto quello a tempo indeterminato.

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