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I giudici fermano la riforma Brunetta

Uno dei pilastri della riforma Brunetta non ha l’avallo della magistratura. Infatti, parte da Torino la battaglia sulle modifiche unilaterali dei contratti di lavoro apportate dalla Pubblica Amministrazione.

In sostanza, la Pubblica Amministrazione non può decidere da sola in merito all’organizzazione del lavoro o sulle materie che regolano i rapporti tra il lavoratore e il datore di lavoro senza il consenso dei sindacati.

Questa è sicuramente una decisione importante che pone un freno alla riforma Brunetta o almeno ad una sua errata interpretazione.

In definitiva, secondo il giudice di Torino, è necessario per prima cosa l’approvazione dei nuovi contratti, che dovranno essere siglati con il concorso dei sindacati, senza nessuna pretesa di definire da soli la nuova organizzazione del lavoro.

Non è pensabile mettere mani a disposizioni aziendali, quali la possibilità di ricorre alla banca ore o l’uso dei recuperi, in maniera unilaterale.

La decisione del giudice di Torino è stata presa in seguito ad una vertenza tra i sindacati dei lavoratori (confederali, Cobas e Cisal) e l’istituto previdenziale italiano, l’Inps.

Le Pubbliche Amministrazioni dovranno stipulare accordi tra le diverse organizzazioni sindacali e solo alla scadenza naturale dei contratti di lavoro.

Nella fattispecie, la direzione Inps del Piemonte ha provveduto a  non considerare più come legittime diverse regole del vecchio contratto, per la precisione ancora in vigore, richiamandosi al decreto legislativo n. 150/2009 (riforma Brunetta).

Il giudice di Torino è stato però di diverso avviso richiamando come fondamento della sua decisione le norme transitorie della legge stessa.

Secondo queste norme i contratti nazionali restano in vigore fino alla loro scadenza naturale mentre i contratti integrativi non saranno più validi dal 1 gennaio del 2011.

Non solo, le disposizioni del decreto n. 150/2009 si applicheranno solo sui contratti successivi senza nessun impatto per quelli attualmente in vigore.

Le disposizioni contenute nella legge n. 150/2009 dovranno essere applicabili solo per i futuri contratti, altrimenti, in caso contrario, si ravviserebbe un’eccezione di incostituzionalità.

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