Licenziamenti collettivi nella riforma del lavoro

 Negli ultimi mesi abbiamo più volte esaminato tutte le principali caratteristiche della riforma del lavoro, cercando di rendere più chiaro un provvedimento che non è così semplice da analizzare. Oggi cerchiamo di tornare su un argomento sul quale non abbiamo speso eccessive parole (privilegiando la comprensione di come viene modificato il panorama dei licenziamenti individuali): il funzionamento dei licenziamenti collettivi.

La modifica del lavoro intermittente nell’ambito della riforma del lavoro 2012

 Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha diffuso una circolare, la n. 20 del 1 agosto 2012, per illustrare alcune indicazioni operative in merito alle modifiche introdotte dalla recente riforma del mercato del lavoro del governo Monti.

Infatti, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro ricorda, sempre attraverso la circolare, che la disciplina del lavoro intermittente è stata recentemente modificata dalla Legge n. 92 del 28 giugno 2012 recante le disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.

Dimissioni con la nuova riforma del lavoro

 Anche se pochi si sono soffermati sull’argomento, è bene chiarire che la nuova disciplina della riforma del lavoro impatta significativamente non solamente sui licenziamenti, quanto anche sulle dimissioni. Per poter proporre le proprie dimissioni occorrerà infatti ora seguire una nuova procedura molto più complessa rispetto al passato. Ad ogni modo, non tutto il male vien per nuocere: il nuovo iter, sebben più faticoso, sembra apportare alcuni gradevoli vantaggi per il lavoratore.

Comunicazione obbligatoria lavoro a chiamata

 Si chiama job on call ma, qui in Italia, è sempre meglio chiamarlo “lavoro a chiamata”. Un’etichetta che permette di individuare in maniera univoca una modalità di gestione lavorativa sempre più diffusa, e sempre più in grado di rispondere alle esigenze di flessibilità organizzativa del datore di lavoro. Ma cosa cambia con le nuove regole che sono state introdotte con la riforma del lavoro sul job on call?

Mini-Aspi, l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti

 La riforma del lavoro ha introdotto, oltre all’Aspi, anche la Mini-Aspi, una prestazione previdenziale erogata a sostegno dei lavoratori disoccupati che non hanno i requisiti previsti per accedere all’Aspi.

Quindi, oltre all’Assicurazione sociale per l’impiego con requisiti normali, è prevista anche quella con requisiti ridotti, esattamente come per l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. La Mini-Aspi sarà dunque un altro sostegno al reddito dal 1° gennaio 2013 e assicurerà un’indennità disoccupazione per i lavoratori che abbiano almeno 13 settimane di contributi per attività lavorativa negli ultimi 12 mesi. Anche in questo caso, l’indennità Mini-Aspi spetta se permane lo stato di disoccupazione e nella stessa misura, cioè nello stesso importo rispetto all’Aspi.

Aspi e Mini-Aspi possono decadere oppure essere sospese o essere ridotte in alcuni casi, per i quali il lavoratore ha l’obbligo di restituire l’indennità eventualmente percepita senza averne i requisiti. Ovvero *se perde lo stato di disoccupazione; *se inizia un’attività autonoma senza comunicare all’Inps il reddito annuo presunto derivante dall’attività autonoma; *se raggiunge i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato; *se acquisisce il diritto all’assegno ordinario di invalidità, se però il lavoratore non opta per l’indennità erogata dall’Aspi. In dettaglio…

Aspi, assicurazione sociale per l’impiego: la misura dell’indennità

 Per calcolare l’importo dell’indennità disoccupazione erogata dall’Inps si considera la retribuzione globale lorda percepita dal lavoratore disoccupato negli ultimi due anni, compresi i dati della retribuzione indicati in busta paga e percepiti in maniera continuativa, e le mensilità aggiuntive, ovvero la tredicesima e la quattordicesima.

L’Aspi sarà pari al 75% della retribuzione mensile se questa non supera, nel 2013, i 1.180 euro mensili. Se invece la retribuzione mensile è superiore a questo importo l’indennità disoccupazione è pari al 75% della retribuzione mensile integrata da una somma pari al 25% della differenza tra la retribuzione mensile e l’importo indicato. Il tetto massimo erogato dell’Assicurazione sociale per l’impiego è pari al massimale Cig, che ogni mese è pari a 1.119,32 euro.

Aspi, la nuova assicurazione sociale Inps a sostegno dei disoccupati

 La riforma del lavoro attuata dal Governo Monti Fornero ha introdotto una nuova indennità Inps a sostegno dei disoccupati: Aspi.

Cosa è Aspi: è la nuova Assicurazione sociale per l’impiego, che sarà percepita per 12 o 18 mesi e dal 2013 sostituirà l’indennità di disoccupazione e poi anche la mobilità. E oltre all’Aspi, anche la Mini-Aspi. Naturalmente per accedere alla nuova indennità di disoccupazione Inps servono dei requisiti contributivi. Ma chiariamo man mano le tematiche connesse.

La riforma del lavoro Monti/Fornero nel giugno del 2012 ha introdotto novità anche in tema di licenziamenti, tra le quali la modifica dell’art. 18 per quanto riguarda il contratto a termine e il contratto a progetto e, in materia previdenziale, il varo di un nuovo ammortizzatore sociale, ovvero l’introduzione di una nuova unica indennità a sostegno del reddito: l’Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi).

Licenziamenti discriminatori con la riforma del lavoro

 Abbiamo visto, qualche ora fa, cosa cambia con la riforma del lavoro per quanto concerne i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, e quelli privi di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo. Abbiamo altresì notato come le variazioni più sostanziali introdotte con la riforma Fornero riguardino esclusivamente le imprese con più di 15 dipendenti, mentre nulla varia per quanto concerne le imprese con meno di 15 dipendenti, per le quali permangono le tutele oggi previste, e rappresentate principalmente dal risarcimento compreso tra le 2,5 e le 6 mensilità.

Passiamo ora a comprendere in che modo cambia la flessibilità in uscita per i c.d. licenziamenti discriminatori, la cui nuova disciplina si applica, in maniera similare, anche ai licenziamenti comminati alle lavoratrici nei periodi di interdizione per matrimonio o per maternità, nonché ai licenziamenti determinati da motivo illeciti o nulli per altre cause.

Licenziamenti senza giusta causa nella riforma del lavoro

 Vediamo oggi come cambia la flessibilità in uscita con la nuova riforma del lavoro voluta dal ministro del welfare Elsa Fornero. Cominciamo questo nostro viaggio dai licenziamenti privi di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, inquadrati dalla revisione del mercato del lavoro come “licenziamenti soggettivi o disciplinari”. Cerchiamo di capire come funzionava oggi la disciplina dei licenziamenti individuali senza giusta causa, e cosa cambia con la riforma, per le imprese con più di 15 dipendenti  e meno di 15 dipendenti.

Partiamo le imprese di maggiori dimensioni, per le quali è possibile riscontrare le maggiori variazioni rispetto alla normativa vigente. Per tali imprese (con più di 15 dipendenti), infatti, fino ad oggi era prevista la reintegrazione in servizio (o indennità sostitutiva, a scelta del lavoratore) e conseguente risarcimento del danno.

I nuovi licenziamenti collettivi con la riforma del lavoro 2012

 Le novità presenti nella riforma del mercato del lavoro 2012 sono molteplici, anche se il punto che ha fatto molto discutere è quello dei licenziamenti, siano essi collettivi o individuali.

Le modifiche ai licenziamenti collettivi si possono trovare all’articolo 1 dai commi 45 al 46, mentre quello in materia dei licenziamenti individuali si trovano dal comma 37 al 41.

In materia di licenziamenti collettivi il Governo Monti ha rimesso in discussione la sua impalcatura modficando laprocedura di attivazione: infatti, quando un datore di lavoro vuole porre in essere un licenziamento collettivo per la normativa del nostro Paese è necessario esplicitare alcuni passi già in precedenza stabilite per non invalidare il procedimento.

Le novità della riforma del mercato del lavoro 2012

 Con la riforma del mercato del lavoro debuttano nuovi strumenti in materia di incentivi alla stabilizzazione  e di sostegno al reddito che serviranno, almeno nelle intenzioni del Governo Monti e soprattutto da parte del Ministro del Lavoro, a dare nuovi impulsi al fine di stabilizzare il mercato del lavoro e offrire nuovi strumenti alle imprese con la sospirata flessibilità, anche se l’attuale presidente di viale dell’Astronomia, Confindustria, rimane fortemente critico e dubbioso sulla vera efficacia scontrandosi con le posizioni del Ministro Elsa Fornero.

Le novità previste, e contenute nel provvedimento approvato al Senato e ora presente alla Camera, sono molte: si passa da una rivisitazione del sistema degli ammortizzatori sociali con l’introduzione  dell’ASPI, la nuova assicurazione sociale a sostegno del reddito,  fino ad una nuova riformulazione del rapporto di apprendistato che, con la riforma, diventa ora lo strumento principale per l’ingresso nel mondo del lavoro.

Emendamenti riforma del lavoro

 Mancano poche ore al voto degli emendamenti al ddl lavoro. Gli emendamenti (la cui illustrazione è già terminata) saranno infatti posti in votazione a partire da mercoledì 2 maggio, con un breve ritardo a quanto precedentemente auspicato. Una dilazione temporale minima, che dovrebbe tuttavia permettere alla Commissione Lavoro del Senato e alla Commissione Bilancio di concludere il proprio iter con maggior calma.

Stando a quanto affermato da Maurizio Castro (Pdl), una volta avviate le votazioni, i lavori potrebbero concludersi già entro pochi giorni. Al termine dell’esame in prima lettura da parte del Senato, infatt, “il prodotto sarà praticamente finito” – ha ricordato Castro – senza tuttavia sbilanciarsi sull’ipotesi di blindare il testo nel successivo passaggio alla Camera.

Riforma del mercato del lavoro e l’apprendimento permanente

 Nel disegno di legge presentato dal Governo Monti in materia di “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” disciplina l’apprendimento permanente. In particolare, il riferimento si trova agli articoli 66-69, il testo prevede l’introduzione alcune norme necessarie per la costruzione di un sistema nazionale per l’apprendimento permanente.

Il testo definisce l’apprendimento permanente nelle sue dimensioni – formale, non formale e informale – e in tutte le sue prospettive (personali, civiche, sociali e occupazionali) e afferma chiaramente l’esigenza di riconoscere e valorizzare le conoscenze e le competenze comunque acquisite nel lavoro e nella vita.