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Riforma Università: “Rivoluzione” per rettori e ricercatori

 Il Consiglio dei Ministri nella giornata di ieri ha approvato la Riforma dell’Università, fortissimamente voluta dal Ministro Gelmini, che pone fine ai finanziamenti a pioggia, introduce maggiore trasparenza, e darà più spazio al merito piuttosto che agli odiati “baronaggi”. La Riforma coinvolge anche i Rettori, visto che questi, addirittura con retroattività, non potranno più “regnare” per un periodo superiore agli otto anni. Gli Atenei avranno maggiori responsabilità non solo sulla didattica, ma anche sulla gestione delle risorse e ne risponderanno anche con un taglio dei finanziamenti nei casi di cattiva gestione. Per quanto riguarda l’attività di ricerca, la Riforma prevede un aumento degli importi per gli assegni ai ricercatori, ma anche l’abolizione delle borse post-dottorato che, oltre a non maturare nessun diritto, risultano essere anche sottopagate.

Si potrà inoltre diventare professore associato in età più giovane, e non a 40 anni come di norma accade attualmente; a tal fine, la Riforma dell’Università prevede che si possa diventare ricercatori a 30 anni e non dopo i 35, e con un compenso più alto. La Riforma istituisce anche un giro di vite contro i professori “assenteisti”, visto che viene introdotto l’obbligo di certificazione della presenza a lezione; in futuro, inoltre, ci sarà una maggiore mobilità tra e all’interno degli Atenei ma anche nel rapporto tra pubblico e privato.

La Riforma, infatti, prevede per i lavoratori dell’Università la possibilità di andare a lavorare nel settore privato potendo godere di un’aspettativa lunga ben cinque anni; per tutto questo lasso di tempo il lavoratore non rischierà di perdere il posto all’Università. Il ministro Gelmini, parlando in data odierna su Radio Anch’io, ha inoltre sottolineato come ci sarà una stretta sulle Università telematiche che funzionano da veri e propri “diplomifici” dando crediti solo in base all’iscrizione ad una Associazione oppure al possesso della tessera di un Sindacato. Le porte rimangono sbarrate, infine, per le decine di migliaia di lavoratori precari della scuola; non ci saranno infatti stabilizzazioni di massa in virtù del fatto che, secondo il Ministro, sarebbe una misura contraria ai criteri del merito.

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