Home » La certificazione dei contratti di lavoro nel Collegato

La certificazione dei contratti di lavoro nel Collegato

L’articolo 30 del Collegato lavoro, decreto 1167-B/bis, si occupa delle clausole generali e delle certificazione del contratto di lavoro.

Il concetto è semplice, le parti che sottoscrivono il contratto (datore di lavoro e lavoratore) possono dichiarare che il contenuto dello stesso corrisponde a verità ed è stato pattuito liberamente. Le commissioni di certificazione saranno i luoghi dove sarà possibile certificarli.

Al comma 3 del testo presente in Senato sono presenti disposizioni relative agli elementi presenti nei contratti collettivi e individuali di lavoro a cui il giudice deve far riferimento nei contenziosi relativi ai licenziamenti individuali.

Secondo il testo si dispone che il giudice, nel valutare le motivazioni poste alla base del licenziamento, debba tener conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo, presenti nei contratti collettivi di lavoro ovvero, se stipulati con l’assistenza delle richiamate commissioni di certificazione, nei contratti individuali di lavoro.

La Camera ha soppresso il riferimento alle fondamentali regole del vivere civile e all’oggettivo interesse dell’organizzazione, i quali erano posti, nel testo precedente, come altri parametri di valutazione, così come indicati dal Presidente delle Repubblica.

Non solo, il giudice deve tener conto degli elementi e dei parametri individuati dai suddetti contratti, nello stabilire, ai sensi dell’articolo 8 della L. 15 luglio 1966 n. 604, le conseguenze da riconnettere al licenziamento. Al riguardo, il giudice deve in ogni caso considerare le dimensioni e le condizioni dell’attività del datore di lavoro, la situazione del mercato del lavoro locale, l’anzianità e le condizioni del lavoratore e il comportamento delle parti contrattuali anche nel periodo precedente il licenziamento.

Il comma 4, al contrario, sostituisce interamente l’articolo 75 del D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276 (riforma Biagi), che individua la finalità della procedura di certificazione.

Rispetto al testo vigente, le disposizione in esame ampliano l’ambito oggettivo di intervento della procedura di certificazione, utilizzabile non solamente in relazione alla qualificazione dei contratti di lavoro, bensì, in senso più generale, al contenzioso in materia di lavoro.

La certificazione può operare, inoltre, con riferimento a tutti i contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro.

In sostanza, in questo modo si può certificare di tutto: il livello di inquadramento o un orario di lavoro superiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva. Insomma, non è previsto nessun limite alla fantasia, o meglio alla libertà delle parti.

Così, è anche possibile definire in quale ipotesi è possibile fare ritenere valido un licenziamento tipizzando profili di giusta causa o giustificato motivo (per assurdo, si potrà “liberamente” dichiarare che 2 giorni di ritardo in un mese costituiscono giustificato motivo di licenziamento, così come ha affermato recentemente il sindacato).

Sicuramente i rilievi esposti dal Presidente delle Repubblica impongono la delicatezza dell’argomento

la fase della costituzione del rapporto è infatti il momento nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro

in questo modo si costringe il lavoratore a firmare qualsiasi accordo con la promessa di assunzione.

Lascia un commento