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Il riscatto dal fondo complementare

 Il fondo complementare, per ciascun lavoratore, è visto come futura pensione di scorta. Per inciso, al fine di ottenere la pensione, o meglio una rendita pensionistica complementare, il lavoratore deve aver compiuto l’età pensionabile ed è necessario un’anzianità di iscrizione al fondo di cinque anni.

Ciò dimostra che non è necessario versare i contributo al fondo complementare ( anche se questo è fortemente raccomandato pena una rendita irrisoria), ma cinque anni dal primo versamento.

Può capitare, però, il caso di un lavoratore perda i requisiti per partecipare al fondo complementare. Questo può succedere, ad esempio, se il lavoratore ottiene una riduzione della sua capacità lavorativa a meno di un terzo: in questo caso ha la possibilità di riscattare il capitale maturato. Purtroppo, situazioni di questo tipo non sono per nulla isolate perché rientrano in questa casistica anche i lavoratori che hanno, ad esempio, perso il proprio lavoro e, di conseguenza, non può più versare la sua quota del TFR.

Non solo, anche un lavoratore divenuto invalido ha diritto al riscatto. A questo proposito, il requisito di un terzo è lo stesso fissato dal regime pensionistico di riferimento, Inps, se di vuole ottenere un assegno ordinario di invalidità.

Se mancano meno di cinque anni alla maturazione dei requisiti per accedere alla pensione, il riscatto non può essere ottenuto anche se ha, però, la possibilità di ottenere una rendita pensionistica. Dal punto di vista fiscale, è opportuno ricordare che sul capitale riscattato si opera una trattenuta del 15% con uno sconto dello 0,3% per ogni anno di iscrizione al fondo con un massimo del 6%. Esiste però un limite: lo sconto si concede sulla parte eccedente i 15 anni di iscrizione al fondo.

Il lavoratore ha diritto a ottenere il suo capitale entro sei mesi dalla domanda: è una particolare tutela che il proprietario del fondo complementare deve osservare.

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