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Tutela salute sul lavoro, Cassazione su inadempienza datore di lavoro

 La Cassazione si è pronunciata sull’inadempienza di un datore di lavoro che non aveva adottato in azienda le misure indispensabili alla tutela della salute del lavoratore.

La Cassazione, con la sentenza n. 18921 del 5 novembre 2012 (sezione Lavoro), ha ritenuto legittimo il rifiuto del lavoratore di lavorare in ambiente non idoneo alla tutela della sua salute e inadempiente il datore di lavoro che non ha adottato le necessarie misure di tutela della salute sul lavoro.

Pertanto, in base all’articolo 1460 del Codice civile, il datore inadempiente ha l’obbligo di risarcire il lavoratore che si rifiuta di lavorare in ambienti non sicuri. È quanto si desume dalla stessa sentenza della Cassazione n. 18921 del 5 novembre 2012 (sezione Lavoro).

IL CASO
Il caso che presentiamo riguarda il personale di una grande officina, nella quale alcune lavorazioni avevano prodotto un inquinamento da amianto. Il datore di lavoro procede alla bonifica, ma i contenuti di un verbale di sopralluogo svolto da specialisti della società non convincono i dipendenti, che chiedendo la sospensione dal lavoro e ulteriori interventi di bonifica.

Il datore di lavoro si rifiuta di procedere con altri interventi di bonifica per la tutela della salute sul lavoro e i lavoratori si astengono dal lavoro, ma si dicono disponibili a proseguire nel percorso di lavoro in altri locali dell’azienda. Con l’intervento del giudice penale, si procede ai lavori per la bonifica degli ambienti e i dipendenti decidono di ritornare in azienda, ma il datore si rifiuta di pagare la retribuzione per il mese e mezzo di astensione.

Naturalmente i dipendenti ricorrono al giudice del lavoro, dichiarando la legittimità del loro comportamento dovuto all’inadempimento di obblighi di sicurezza del datore per la tutela della salute sul lavoro e chiedono il pagamento della retribuzione. I giudici giustificano il rifiuto di lavorare dei dipendenti, anche sulla base di perizie che evidenziano difetti nelle operazioni di bonifica e conseguente dispersione di residui di amianto nei locali di lavoro. Il tutto ad indicare, secondo i giudici, l’inadempimento del datore sugli obblighi previsti dall’articolo 2087 del Codice. Pertanto, i giudici hanno valutato la condotta dei lavoratori come reazione all’inadempimento del datore di lavoro.

COSA DICE LA CASSAZIONE
Il datore di lavoro ricorre in Cassazione. La Corte Suprema rigetta il ricorso e condanna il datore di lavoro, confermando la decisione dei giudici d’appello sotto due aspetti fondamentali: per l’interpretazione esatta dell’articolo 2087 del Codice civile, secondo cui ogni datore deve adottare le misure necessarie alla tutela dell’integrità fisica dei dipendenti, e per la corretta applicazione dell’articolo 1460 del Codice civile, in base al quale “nei contratti con prestazioni corrispettive come è quello di lavoro, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione, se l’altro non adempie”.

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